Puntata n. 7 - Oggi, 25 novembre, è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. In Italia sono state 82 le donne vittime di omicidio volontario, di femminicidio, fra gennaio e settembre 2022 

Non una di meno

Oggi, 25 novembre, è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una violenza che si declina in mille modi. Da quella fisica, fino all’uccisione, alle percosse, allo stupro. A quella psicologica, fatta di minacce e in molti casi persino di silenzio, solitudine e abbandono. In Italia sono state 82 le donne vittime di omicidio volontario, di femminicidio, fra gennaio e settembre 2022. 71 di queste uccise in ambito familiare-affettivo e 42 per mano del partner o dell’ex. A dirlo è il dossier ‘Il pregiudizio e la violenza contro le donne’ del ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica sicurezza. Tra le ultime vittime, in ordine di tempo, le tre donne, tutte di origine straniera e tutte ostaggio del mondo della prostituzione, uccise dallo stesso uomo a Roma in poche ore. La Cgil che si batte da sempre per eliminare la violenza contro le donne, inaugura per l’occasione una panchina rossa, simbolo di questa lotta, che verrà posta all’interno della sua sede nazionale.

Qui bisogna disturbare assolutamente il manovratore

Il consiglio dei ministri in settimana ha approvato la manovra, una Legge di Bilancio da 35 miliardi di euro. Tra le scelte del governo Meloni spiccano quelle sulla previdenza, non solo per il tetto all’assegno di quota 103 e per la nuova opzione donna legata al numero dei figli, ma anche per la mancata perequazione annunciata. Insomma, pensionati beffati, usati come bancomat, è l’accusa dello Spi Cgil. Tra le altre misure, spiccano i primi tagli al reddito di cittadinanza, nonostante la polveriera sociale innescata da inflazione e caro bollette. E spiccano anche i ritorni di social card e voucher, questi ultimi aboliti nel marzo 2017 grazie a una battaglia della Cgil guidata da Susanna Camusso. Il sassolino del direttore di Collettiva Stefano Milani.

Passare da un governo che abolisce la povertà a un altro che la povertà la punisce è un attimo. E se la prima è la classica goffa operazione nazional-populista, la seconda è semplicemente abominevole oltre che diabolica. Accanirsi sugli ultimi per brandire il feticcio del “ve lo avevamo promesso in campagna elettorale” è sì politicamente ineccepibile, ma umanamente deprecabile. Tratto somatico di una destra con la bava alla bocca, avida di sterili rivincite. E così a farne le spese non saranno i ricchi diventati nababbi grazie agli extraprofitti. A essere scherniti sul pubblico ludibrio, sono i cosiddetti occupabili orizzontali che, secondo il dogma meloniano, percepiscono l’assegno direttamente dal divano di casa. Contante come se piovesse, romanella di flat-tax, de profundis al reddito di cittadinanza, rivalutazioni ad minchiam delle pensioni, ritorno alla schiavitù dei voucher. Questa non è una manovra, è un’inversione a U contromano in autostrada.

C’è un altro Black Friday in tutto il mondo

Non per vendere smartphone, giochi, maglioni e scarpe, ma per chiedere che Amazon retribuisca in modo equo i lavoratori, paghi le tasse nei Paesi in cui è presente, compensi le tonnellate di anidride carbonica emesse. Così, per il terzo anno, oggi sarà una giornata di azione globale con scioperi, proteste e mobilitazioni, proprio in concomitanza con la festa dello shopping. Coinvolti circa 30 Paesi, dall’Argentina al Sud Africa passando per Usa, India, Giappone, Polonia, Ungheria, solo per citarne alcuni. L’iniziativa è della campagna Make Amazon Pay, promossa da una coalizione di oltre 80 sindacati, organizzazioni della società civile, ambientaliste e autorità fiscali. In Italia la Cgil e le categorie Filt, Nidil, Filcams e Slc aderiscono e partecipano con presidi e volantinaggi davanti ai siti produttivi sparsi in tutto lo Stivale. Per approfondire collettiva.it.

Cuore e acciaio

La situazione di Acciaierie d’Italia è drammatica, ha detto Michele De Palma, leader della Fiom Cgil. Si prevedeva una produzione di sei milioni di tonnellate nel 2022. Ma non si arriverà a tre milioni, con conseguenze negative sulla manutenzione degli impianti e sulla cassa integrazione. Per questo i lavoratori di tutto il gruppo hanno scioperato lunedì per quattro ore e quelli di Taranto per 48 ore. Le sigle di rappresentanza chiedono la nazionalizzazione dell'ex Ilva, come sta accadendo in Francia e Germania per gli asset industriali ritenuti essenziali per l’economia. 

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