È vero, la 194 del 78 è una legge non pienamente applicata. Non lo è perché se oltre 70% del personale che dovrebbe realizzare l’interruzione volontaria di gravidanza è obiettore, quel servizio non è garantito. Non lo è perché se la rete di consultori familiari che dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale nei confronti delle donne si è nel tempo impoverita, sino a non esisterne più in diversi territori, quei servizi non sono garanti. Non lo è perché, se l’interruzione farmacologica di gravidanza invece di essere favorita, visto che è meno traumatica e rischiosa per le donne, e meno economicamente onerosa per lo Stato, viene ostacolata in diverse regioni, quel servizio non è garantito.

Cgil, Fp Cgil, Amica e molte altre associazioni hanno lanciato una petizione su Change.org per chiedere l’intervento del ministro della Salute e del Presidente del Consiglio, affinché si adoperino per il rispetto da parte delle Regioni inadempienti delle linee guida del Ministero della Salute.  Enti che hanno di fatto impedito alle donne l’interruzione volontaria di gravidanza in regime di Day Hospital (ecco la petizione).

È bene ricordare che la 194 è frutto della mobilitazione di milioni di donne e sancita con un referendum popolare che portò i cittadini e le cittadine italiani a schierarsi in sua difesa. Ed è una legge che nasceva dalla necessità di sconfiggere la piaga dell’aborto clandestino e si fondava su un’altra norma, la 405/70 che istituiva i consultori familiari che oggi quasi non esistono più. Affermano Cgil e Fp: “Quella italiana è una buona legge, cercata e voluta dalle donne, una legge che ha portato oggi l’Italia ad avere uno dei più bassi tassi di abortività al mondo”.

Ma è anche tra le più ostacolate: “Anche il Comitato europeo dei diritti sociali presso il Consiglio d’Europa ha riconosciuto in più occasioni (rispondendo anche a un ricorso presentato dalla Cgil) che in Italia viene violato il diritto delle donne alla salute per le difficoltà che incontrano nell’accedere all’Ivg, a causa dell’elevata presenza di obiettori di coscienza che, oltre a negare i diritti delle donne, penalizza anche medici e sanitari non obiettori, vittime di svantaggi lavorativi in termini di condizioni e carichi di lavoro, mansioni e opportunità di carriera”.

E c’è di più. Quello all’autodeterminazione e alla padronanza sul proprio corpo è un diritto riconosciuto dall’Europa. “Nei mesi scorsi anche il Parlamento europeo è intervenuto con una risoluzione che rimarca la necessità di garantire la libertà di scelta delle donne, sottolineando che l’obiezione di coscienza non debba più essere un ostacolo”.

Di affermazioni in difesa della maternità in questi giorni se ne sentono davvero tante. È bene allora ricordare che la denatalità in Italia non è affatto causata da una legge che dovrebbe garantire la libertà femminile. Le ragioni sono altre e vanno cercate nell'assai scarsa occupazione femminile, nel lavoro povero delle donne, nell’assenza di servizi per l’infanzia e per la non autosufficienza, nel permanere di una cultura patriarcale che scarica ancora in larga parte il lavoro di cura sulle spalle delle donne.

Al Governo e al ministero della Salute Cgil e Fp Cgil chiedono di:

  1. Garantire l’assunzione di personale non obiettore per garantire la piena applicazione della 194 in tutte le Regioni e strutture, sanzionando le amministrazioni inadempienti;
  2. Intervenire sulle Regioni affinché sia garantita a tutte le donne, in tempi certi, la possibilità di accedere alla Ivg farmacologica, anche in regime ambulatoriale;
  3. Predisporre anche all’interno del Pnrr un progetto straordinario di investimento sui consultori pubblici, nella direzione di un loro pieno potenziamento dal punto di vista infrastrutturale e del personale, per tutte le attività che per legge sono ad essi attribuite;
  4. Istituire un apposito tavolo di monitoraggio, aperto a tutti i soggetti istituzionali e sociali rappresentativi, sull’attuazione delle nuove Linee di indirizzo del ministero della Salute sul ricorso all’aborto farmacologico, nonché sulla presenza di personale obiettore di coscienza dettagliata per ogni struttura ospedaliera e ogni consultorio;
  5. Garantire la piena applicazione da parte delle Regioni, delle università e delle strutture sanitarie di quanto previsto dall’art. 15 della 194, ovvero la promozione della formazione e informazione del personale sanitario e ausiliario di tutti i percorsi di supporto e assistenza alla donna.

    “La 194 difende la vita, ricordano Confederazione e Categoria, ed è stata conquistata con la lotta e con il voto. Devono cessare tutti i comportamenti che violano questa legge e rendono inagibile nel nostro Paese questo diritto, così come più volte ammonito dall’Unione europea”.