“La prima preoccupazione degli italiani riguarda il possibile allargamento del conflitto anche ad altri paesi. L'ipotesi viene citata al primo posto dal 21% del campione degli intervistati. Le altre paure sono relative alle conseguenze economiche (complessivamente tra i primi tre motivi per il 50% del campione), e soprattutto all’utilizzo di armi nucleari (41%)". Sono alcuni dei risultati di un sondaggio realizzato nel mese di aprile dall'Osservatorio Futura che - per conto della Cgil - studia l'opinione pubblica italiana con questionari settimanali. Per gli intervistati (campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne) il conflitto in Ucraina ha e avrà nel prossimo futuro conseguenze importanti.

Alle paure per le conseguenze economiche e alla prospettiva di un allargamento del conflitto, dalle risposte degli intervistati emerge anche chiaramente una valutazione politica: si manifesta infatti la rabbia per un conflitto che si sarebbe potuto (anzi dovuto) evitare: 40% delle risposte.  E non si tratta neppure di paure esasperate dai media. Risulta infatti dal sondaggio che, nel raccontare il conflitto in Ucraina, i mezzi d'informazione mostrino una limitata capacità di trattare il tema in modo equilibrato, purtuttavia sono basse le percentuali di coloro che ritengono che sia esasperato il focus sull’economia, sulla tragedia umanitaria o sugli aspetti militari. 

Ansia per il prossimo futuro
Le paure per le conseguenze economiche del conflitto hanno ripercussioni dirette sulla propensione agli acquisti nei prossimi 12 mesi che è destinata a migliorare solo per uno scarso ’8% degli intervistati. Per oltre la metà del campione infatti la propensione agli acquisti peggiorerà o tutt’al più rimarrà stazionaria (36%).  Le conseguenza conseguenze economiche si riverberano innanzitutto sull’aumento dei prezzi dei prodotti essenziali, citata al primo posto dal 43% del campione e, in seconda battuta, sul contingentamento delle fonti energetiche per le famiglie (citate complessivamente ai primi 3 posti dal 46% del campione) e per le imprese (40%).

Queste preoccupazioni che si mostrano in continua crescita hanno  effetti sui comportamenti. Le azioni da intraprendere in futuro hanno un impatto sulla quotidianità: maggiore attenzione ai consumi energetici (prima azione citata dal 42% del campione) e agli acquisti di beni di prima necessità (18%). Al terzo posto si posiziona il rinvio di acquisti non indispensabili (15%). Gli ottimisti e non preoccupati sono solo l’8% del campione. 

Mancherà il gas per cucinare?
Oltre a essere preoccupati per un possibile aggravamento della situazione i cittadini intervistati nel campione dell'Osservatorio sembra abbiano anche molto chiara la questione delle scelte energetiche. Da questo punto di vista sono illuminanti le risposte del sondaggio sull'operato del governo. Al momento i cittadini esprimono un giudizio piuttosto negativo in merito alle scelte fatte a livello politico: solo il 19% esprime una valutazione positiva sul suo operato. Tra le priorità che il governo dovrebbe avere in questo momento spiccano gli aiuti alle famiglie, che occupano decisamente il primo posto nel ranking delle priorità con una citazione su 3 e ai primi tre posti per 3 intervistati su 4.

Segue a breve distanza il tema energetico, con un’importanza complessiva del 65%.  Il nuovo scenario che si va delineando in materia di risorse energetiche, richiede di privilegiare fonti che favoriscano l’autonomia nazionale e il ricorso a fonti rinnovabili. Il 51% del campione infatti la trova la soluzione ideale da percorrere e circa il 70% la posiziona comunque tra le prime tre scelte. Da notare che tra gli intervistati c'è anche chi auspica l'installazione di centrali nucleari anche nel nostro paese.

Ma cosa può fare il singolo cittadino?
Il singolo cittadino può lavorare fin da oggi per una maggiore attenzione ai consumi energetici (prima azione citata dal 42% del campione) e agli acquisti di beni di prima necessità (18%), al rinvio di acquisti non indispensabili (15%).

"Il clima che si respira - si legge nel report di Osservatorio Futura - non è caratterizzato da particolare ottimismo (gli ottimisti e non preoccupati sono solo l’8% del campione), e le preoccupazioni che si possono evidenziare riguardano in primis l’aspetto economico, ma anche la paura di un conflitto esteso e che ricorra alle armi nucleari. Nel piccolo e nel quotidiano si cerca di rendere più consapevoli gli acquisti, rimandare l’acquisto di ciò che non è indispensabile, chiedere maggiori aiuti al governo e una maggiore lungimiranza nell’uso delle risorse energetiche, auspicando quella transizione al green e alle fonti nazionali, che porterebbe a una riduzione della dipendenza da nazioni straniere".

Miceli, Cgil: il sondaggio conferma le previsioni più negative
"Il rischio che il conflitto possa degenerare e allargarsi ad altri Paesi anche con il ricorso alle armi nucleari è sempre stata la nostra prima preoccupazione - spiega Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil - perché la situazione potrebbe sfuggire di mano in ogni momento e l'escalation avrà effetti imprevedibili oggi. Si ha la sensazione di essere sul ciglio di un burrone, insieme al dolore per la tragedia che sta vivendo il popolo ucraino. Oggi abbiamo più che mai bisogno di una Europa che gestisca il cessate il fuoco". Ma che cosa pensa la Cgil rispetto alle conseguenze economiche del conflitto? "È evidente - risponde Miceli - che siamo già in piena economia di guerra. Le preoccupazioni e i comportamenti dei cittadini ci dicono che siamo ormai condizionati dalla psicosi di guerra: si rimandano gli acquisti, si subiscono i rincari dei prodotti di prima necessità. E soprattutto è in forse la tenuta energetica del nostro Paese. Solo oggi scopriamo il grande errore di aver sacrificato la nostra produzione nazionale di energia affidandoci a un unico partner, Putin e la Russia. Siamo l'unico Paese in Europa a essere così totalmente compromessi con la Russia di Putin".

E ora che succederà? "Il governo - spiega ancora Miceli - ha messo in campo una serie di misure tese a rafforzare l'esigua produzione nazionale di energia e a creare le condizioni per il salto alle energie rinnovabili. Non ci sono però soluzioni miracolistiche e quindi i tempi per raggiungere la sovranità energetica non sono né oggi, né domani. Ci sono però sul tavolo del governo vari progetti. Devono essere valutati e attivati al più presto". Infine una battuta sull'ipotesi di un embargo totale al gas russo. Che potrebbe succedere? "Oggi non siamo in grado di valutare gli effetti di un possibile embargo totale - conclude Miceli - ma è chiaro che sarebbe un'ipotesi figlia di una drammatizzazione ulteriore del conflitto sul campo. Speriamo che i russi si fermino prima. Ovviamente in quel caso saremo costretti a prendere decisioni assolutamente inedite e straordinarie sul risparmio nell'uso del gas".

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