Quello dell’Associazione nazionale dei partigiani, in programma tra il 24 e il 27 marzo al Palacongressi di Riccione, è un congresso che riesce a tenersi nonostante tutto. Rimandato già una volta a causa della pandemia, si inserirà in un contesto complicato anche dal conflitto in Ucraina. Il presidente Gianfranco Pagliarulo lo sottolinea spiegando a Collettiva il senso profondo di questo appuntamento.

"Avevamo già deciso di organizzare un congresso che parlasse, in primo luogo, ai nostri compagni e alle nostre compagne, cioè ai delegati che in questo consesso rappresentano il momento più alto della vita democratica della nostra associazione. Ma volevamo anche che quest’iniziativa parlasse al Paese e, quindi, è ancora più importante che si svolga in questo momento così critico. Il nostro intento era fin dall’inizio quello di coinvolgere un numero rilevantissimo di formazioni sociali, come le definisce l’articolo 2 della Costituzione, cioè movimenti, associazioni e partiti che costituiscono il nerbo democratico della vita del Paese. E lo faremo"

A vedere il programma, infatti, si nota la presenza di tanti interventi esterni e di personalità che rappresentano altre forze. "Ne segnalo solo alcuni: il cardinale Matteo Maria Zuppi, con il quale ho avuto il piacere d'intrattenere un dialogo online lo scorso anno – il primo nella storia dell’Anpi in cui un cardinale e il presidente dell’associazione discutevano di Costituzione; l’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, il presidente povero; il segretario generale della Cgil Maurizio Landini e autorevoli membri della segreteria della Cisl e della Uil; don Luigi Ciotti di Libera; i segretari del Pd Enrico Letta, di Leu Roberto Speranza, di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo. E ancora, i presidenti dell’Arci e delle Acli, nonché delle due associazioni sorelle che riuniscono i partigiani della Slovenia e della Croazia. Ho voluto ricordare questo elenco, non esaustivo, per indicare il senso di apertura al Paese che abbiamo voluto dare a questo congresso e il nostro impegno in questa direzione, simbolicamente rappresentato dall’apertura affidata a un collegamento con Patrick Zaki".

Resistenze antiche e resistenze contemporanee, unite in un congresso nazionale che si promette di parlare al Paese: inevitabile chiedersi a questo punto quanto l’Italia abbia bisogno di riscoprire il suo nerbo democratico.
Eccome se ne ha bisogno: ha bisogno di difendere e rafforzare la democrazia. Ci troviamo in un momento difficilissimo per ovvi motivi che possiamo racchiudere in tre disastri: il primo - che stiamo drammaticamente vivendo tutti - è quello della guerra e dell’invasione dell’Ucraina e delle sue conseguenze: il secondo è la pandemia; il terzo è la crisi economica. In questa situazione, la democrazia può trovarsi in difficoltà e indebolirsi. Da tempo è evidente una crisi del sistema politico, una scollatura fra popolo e istituzioni dimostrata dal crescente numero di astensioni durante gli appuntamenti elettorali. La democrazia, però, non è fatta soltanto dal voto ma anche da due elementi fondamentali: la rappresentanza e anche la partecipazione.

L'impressione è che negli ultimi decenni questi due pilastri della democrazia costituzionale siano in declino...
Purtroppo è così. C'è il declino della rappresentanza, perché le leggi elettorali ne hanno un po’ svuotato il principio, visto che spesso gli eletti non sono decisi dagli elettori ma dalle segreterie dei partiti. E c'è il declino della partecipazione che, per vari altri motivi, non viene più sollecitata, basti pensare a come si è discusso del Pnrr. Difendere la nostra struttura democratica vuol dire tornare a una piena rappresentanza e promuovere una grande partecipazione. Tuttavia, questo non ci basta: dobbiamo espandere la democrazia come, in ultima analisi, afferma la Costituzione e quindi fare in modo che il nostro sistema democratico permei sempre più il tessuto della vita quotidiana del Paese. Questa è la prospettiva nella quale ci stiamo muovendo e per la quale ci stiamo battendo. Come si può fare? Lo dirò in maniera molto sintetica: tendendo all’applicazione integrale della Costituzione della Repubblica che purtroppo non è ancora applicata integralmente in alcune parti significative.

Questo congresso si caratterizza, come tutta l’attività dell’Anpi, per un dialogo costante con le nuove generazioni. Non a caso si inizia con la testimonianza di Patrick Zaki, ma all’interno del dibattito intervengono ancora le associazioni studentesche. L’apertura al Paese passa per il dialogo con le nuove generazioni?
Il dialogo con le giovani generazioni non è un optional, è una condizione di vita per qualsiasi associazione, ma oserei dire per qualsiasi società, per il motivo ovvio che la classe dirigente di domani sarà composta da quelli che oggi definiamo giovani. Le generazioni sono sempre diverse una dall’altra. Se pensiamo a quelle che vanno dalla mia età alle ultime, vediamo differenze gigantesche: la mia generazione è quella dei Beatles e della Premiata Forneria Marconi, quella dei dischi in vinile; la generazione degli anni Ottanta è stata quella degli yuppies, quando si era spento quel grande movimento di cambiamento sociale iniziato alla fine degli anni Sessanta.

E le ultime generazioni?
Quelle del nuovo millennio sono native del web e dei social. Questo per dire che è profondamente cambiata anche la quotidianità. Le ultime generazioni hanno anche vissuto a causa della pandemia un’esperienza traumatica: la negazione della socialità simbolicamente rappresentata dalle due parole che abbiamo imparato a utilizzare nel 2020, cioè “distanziamento sociale”. Pensiamo a questi ragazzi che sono stati costretti a non uscire di casa o a mantenere una distanza fisica dalle altre persone per lungo tempo, e poi ancora pensiamo a quelli che si scapicollano su un motorino per consegnarci una pizza a casa e lo fanno senza diritti e tutele. La domanda è: qual è il senso della vita per questi giovani e come possiamo trasmettere loro il messaggio che fu dei ragazzi del 1943 che combattevano per conquistarsi un pezzetto di diritto alla felicità, un diritto che anche oggi spetta di diritto alle giovani generazioni? Questi sono alcuni degli interrogativi che porremo al nostro congresso con la certezza che rafforzare il rapporto con gli adulti di domani è essenziale. A loro dobbiamo far arrivare l’esperienza della storia del Paese e, in particolare, quella della Resistenza, non come semplici nozioni storiche ma come memoria che si trasforma in impegno civile. L’impegno civile, appunto, è la grande forza che dobbiamo evocare perché senza di esso non c’è partecipazione.