Oltre 82mila persone catturate in mare, portate in Libia e rinchiuse nell’inferno delle carceri in cinque anni. Ottomila hanno perso la vita lungo la rotta del Mediterraneo centrale, 1.500 solo nel 2021. È il bilancio drammatico del Memorandum d’intesa firmato da Italia e Libia il 2 febbraio 2017 e della Dichiarazione di Malta, sottoscritta dai leader della Ue a La Valletta il giorno dopo, che affidano il pattugliamento del Mare nostrum ai guardacoste libici, attraverso la fornitura di motovedette, di un centro di coordinamento marittimo e di attività di formazione. Una cooperazione finanziata dall’Unione europea che ha intercettato migliaia di disperati, uomini, donne e bambini, e li ha mandati incontro alla detenzione arbitraria, alla tortura, a trattamenti crudeli, inumani e degradanti, agli stupri, ai lavori forzati e alle uccisioni.

La denuncia viene rilanciata in occasione dell’anniversario del Memorandum dalle organizzazioni non governative che si occupano di diritti umani, Amnesty International e Oxfam Italia in testa. “L’Italia e la Ue devono cessare di contribuire a queste violenze atroci - dichiara Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International su migrazione e asilo - e iniziare ad assicurare che le persone che rischiano di annegare nel Mediterraneo siano prontamente soccorse e trattate umanamente. L’Unione europea e gli Stati membri devono sospendere ogni forma di cooperazione che concorra a trattenere migranti e rifugiati in Libia e a far subire loro violazioni dei diritti umani. Chiediamo, al contrario, che si dedichino all’apertura di percorsi legali urgenti e necessari per le migliaia di persone intrappolate in Libia, che hanno bisogno di protezione internazionale”.

Il Memorandum scadrà nel febbraio 2023 ma sarà rinnovato automaticamente per altri tre anni se le autorità italiane non lo annulleranno entro il 2 novembre di quest’anno. La richiesta di sospendere l’accordo e di non rinnovarlo arriva da tempo anche dalla Cgil: “Quello che accade in Libia è uno scempio e una vergogna – afferma Giuseppe Massafra, segretario confederale del sindacato di corso d’Italia -. Dimostra che la scelta di fondo fatta dall’Italia e dall’Europa è una sola: non affrontare il fenomeno migratorio come tale, e cioè in modo strutturale e quindi da governare, ma sempre e solo come un’emergenza. Per diversi anni prima della pandemia sembrava che gli sbarchi e le ‘invasioni di orde di profughi’ che raggiungevano le nostre coste fossero il principale problema dell’Occidente. Poi c’è stato il Covid, che ha spostato l’attenzione. È chiaro che le migrazioni vengono usate come argomenti per le campagne elettorali, alla ricerca del consenso, non come tema su cui impegnare gli interessi dei governi”.

Le testimonianze di quanto accade nei centri di detenzione libici sono agghiaccianti. Saif è un minore non accompagnato, un ragazzo arrivato nel nostro Paese a maggio scorso e accolto da Oxfam Italia dopo un viaggio dal Bangladesh durato due anni. Era finito nelle mani di trafficanti senza scrupoli: “Ci hanno portato in una prigione dove stavamo in 56 in una stanza, con la luce sempre accesa – ha raccontato agli operatori della Ong -. In una settimana ci hanno portato da mangiare solo due volte. Poi ci hanno rinchiuso uno per volta in una stanza. Quando è stato il mio turno, mi hanno spogliato di ogni cosa che avevo indosso, mi hanno preso a schiaffi e picchiato con un tubo di plastica”.

Alle violenze e alle torture si aggiunge l’orrore delle sparizioni. “Su 32mila migranti riportati indietro dalla Guardia Costiera libica solo l’anno scorso, al momento si ha notizia di 12mila persone che si trovano in 27 centri di detenzione ufficiali, mentre degli altri 20mila si sono perse le tracce” spiega Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. Sono i desaparecidos d'Africa, un quarto dei migranti intercettati dalle autorità libiche. “Il nostro Paese continua a rendersi complice, finanziando la Guardia costiera e altre autorità libiche palesemente conniventi con i trafficanti di esseri umani – continua Pezzati -. Dalla firma dell’accordo ha speso la cifra record di 962 milioni di euro per bloccare i flussi migratori e finanziare le missioni navali italiane ed europee. Una buona parte di questi soldi, più di 271 milioni di euro, sono stati spesi in missioni nel Paese, contribuendo a determinare le condizioni per una sempre più lucrosa industria della detenzione, fatta di tratta di esseri umani, sequestri, abusi di ogni genere”.  

L’accordo Italia-Libia di fatto esternalizza le frontiere europee: cioè mette in atto una serie di azioni che spostano le procedure di controllo al di fuori dei Paesi che le promuovono e trasferiscono la responsabilità della gestione dei flussi in capo a soggetti terzi, impedendo con ogni mezzo più o meno legale l’accesso al territorio e ai diritti che ciò comporta. “Non è questo il modo per affrontare la questione dell’accoglienza e dell’integrazione – riprende Massafra -. Con altre 30 associazioni sindacali europee e magrebine abbiamo sottoscritto un patto per cambiare le politiche migratorie comuni, che mette al centro la libera circolazione delle persone, diritto fondamentale che non può essere oggetto di strategie per fini puramente utilitaristici, sostiene l'ingresso dei migranti che chiedono di entrare in Europa per cercare lavoro, nell'ambito di un sistema di legalità e garanzie, ne consente la regolarizzazione. Prima c’era solo la rotta del Mediterraneo, adesso se ne sono aggiunte altre, nell’Est Europa, i lager al confine con la Bielorussia: niente mare in tempesta ma boschi innevati in mezzo ai quali vagano bambini a piedi nudi, una tragedia infinita e vastissima. Con un’unica matrice: non mettere in campo politiche adeguate”.