Vi ricordate ITsART? Definita un po’ pomposamente la Netflix della cultura italiana, la piattaforma digitale fu fortemente voluta dal ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini, con l’ambizione di mettere online il patrimonio culturale italiano. Teatro, cinema, danza, tutto on demand. Una piattaforma “pubblica” con partner privato, fruibile anche a pagamento e implementata con i fondi del Next Generation Eu.

Quando si costituì scrivemmo che avremmo voluto conoscere più precisamente l’iter di costruzione di questo soggetto, i suoi obiettivi e il suo piano editoriale; questo mentre nel Pnrr, nella sezione dedicata allo sviluppo del settore turistico e culturale, non leggevamo neppure un rigo sul ruolo che avrebbe dovuto svolgere la Rai, concessionaria del servizio pubblico, nell’ottica di rilancio, sviluppo e diffusione della produzione culturale del Paese.

La piattaforma ITsART ha fatto fatica ad avviare i suoi lavori ed é partita solo a fine maggio 2021, con una serie di contenuti gratuiti e altri a pagamento e con i tempi del noleggio dei prodotti equiparati a quelli della piattaforma Chili TV, partner del progetto: gli utenti cioè hanno il prodotto a disposizione per 28 giorni e 48 ore dal primo play.

É opportuno ricordare che l’11 gennaio 2021 la nuova società è stata costituita con un partenariato che la vede partecipata al 51% da Cassa depositi e prestiti e al 49% da Chili Tv. Ora, non è nostro compito esprimere valutazioni sui titoli inseriti in piattaforma, che all’avvio erano per alcune sezioni esigui, ma davvero ci rimane ancora oscuro l’aspetto della programmazione culturale.

ITsART era e rimane una operazione di natura solo commerciale? Sappiamo che ITsART non produce, ma distribuisce prodotti, ma non abbiamo riscontro di quanto abbia in effetti contribuito alla diffusione di prodotti italiani e se il progetto abbia dunque una qualche validità. L’assetto apicale dell’azienda si era chiarito a ottobre, quando il Cda nominò Giorgio Tacchia come presidente, espressione di Chili Tv, mentre Guido Casali fu indicato come amministratore delegato da Cdp.

Alla data di nomina di Casali la piattaforma, partita con 700 contenuti in catalogo, era arrivata a 1.100 titoli, tra cui 60 contenuti ed eventi distribuiti in esclusiva. La piattaforma aveva registrato in allora circa un milione di accessi e aveva 80.000 clienti registrati, arrivati a quasi 150.000 secondo le notizie apprese dalla stampa: numeri davvero non alti considerata la platea possibile (senza volerli confrontare con i quattro milioni di abbonati italiani a Netflix).

Bene, a distanza di poco più di tre mesi dalla nomina Casali si è dimesso e noi riflettiamo sul progetto complessivo, il piano editoriale, le reali potenzialità di sviluppo della produzione e della diffusione della cultura italiana che ITsART dovrebbe promuovere. Le critiche che muovevamo pubblicamente all’atto del lancio del progetto, nel dire che il sistema previsto per il funzionamento della piattaforma non costituiva un volano e un incentivo alla produzione culturale, ci paiono ancora oggi fondate.

In questi mesi abbiamo letto da più parti di critiche mosse alla piattaforma, rispetto ai costi sostenuti dagli utenti così come al mancato avvio di una produzione di contenuti. Oggi però, anche a fronte delle dimissioni dell’ad a soli tre mesi dalla nomina, vorremo avere definitivamente chiarezza del funzionamento e delle prospettive della piattaforma voluta dal ministro.

Contestualmente continua a essere primario per noi ribadire la centralità necessaria del ruolo della Rai, concessionaria del servizio pubblico, che ha una piattaforma, Raiplay, che svolge correttamente il servizio pubblico mettendo gratuitamente a disposizione i suoi contenuti. La piattaforma pubblica, ulteriormente potenziata e valorizzata, in sinergia con le altre “consociate” Rai e fruendo dell’enorme archivio dell’azienda pubblica, può essere davvero il veicolo della cultura italiana su cui puntare e investire senza indugio ulteriore.