Vittima di una banale caduta in bicicletta, nell’agosto 2006 Bruno Trentin viene ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Bolzano. Morirà esattamente un anno dopo, il 23 agosto 2007, stroncato da una polmonite resistente alla terapia antibiotica. “Esprimo il dolore mio e di tutta la Cgil per la scomparsa di Trentin - dirà l’allora segretario generale della confederazione Guglielmo Epifani -. Bruno ha rappresentato in tutto il dopoguerra un punto di riferimento fondamentale nella lotta per la democrazia, l’uguaglianza sociale e per i diritti del mondo del lavoro. Si può dire che non c’è pagina nella storia della Cgil e del movimento sindacale italiano in cui non sia stato protagonista. Il Piano per il lavoro, la programmazione economica, la centralità del Mezzogiorno, le lotte operaie dell’autunno caldo, la stagione del sindacato dei diritti, gli accordi fondamentali del ’92 e del ’93 …. Bruno lascia una lezione di grande rigore morale, coerenza e autonomia difese con intransigenza, di attenzione ai valori sociali e di difesa del valore della confederalità. A lui deve molto non solo la Cgil, ma l’insieme del movimento dei lavoratori, le forze politiche del Paese e le altre organizzazioni sindacali, verso le quali ebbe sempre una grande attenzione unitaria a partire dall’esperienza dei metalmeccanici”.

Bruno ha lasciato un grande vuoto, un vuoto che quotidianamente cerchiamo di colmare leggendolo, studiandolo, continuando a cercare nei suoi scritti domande e risposte. Trentin ha riempito, giorno dopo giorno - dal 1977 al 2006 - il diario della sua vita. Scritti in venti quaderni non comuni con solide copertine, senza regolarità periodica, i diari non sono solo appunti per lavori futuri e più compiuti. Sono per stile e contenuto un’opera a sé e in sé compiuta. In essi Bruno riporta con cura il resoconto delle proprie vicende politiche - coi suoi dubbi più che con le sue certezze - e insieme le sue letture. I diari degli anni della segreteria sono stati pubblicati a dieci anni dalla morte con la curatela dell’indimenticato Iginio Ariemma. La casa editrice Castelvecchi pubblicherà prossimamente - a cura di Andrea Ranieri e Ilaria Romeo - i diari degli anni successivi.

Nel giugno 1994 si chiude a Chianciano la seconda Conferenza programmatica della Cgil. Bruno Trentin lascia la direzione della Confederazione, “quella Cgil che conosco bene - affermerà - e di cui lascio la direzione con un sentimento di infinita riconoscenza … un sindacato di donne e di uomini che si interroga sempre sulle proprie scelte e anche sui propri errori, che cerca di apprendere dagli altri per trovare tutte le energie che gli consentano di decidere, di agire, ma anche di continuare a rinnovarsi, di dimostrare con i fatti la sua capacità di cambiare e di aprirsi a tutte le esperienze vitali e a tutti i fenomeni di democrazia che covano ora e che covano sempre nel mondo dei lavoratori”. Dopo le dimissioni rimane negli organismi confederali come responsabile dell’Ufficio di programma, ma soprattutto ritorna ad essere un "ricercatore socio-economico", come diceva con un certo vezzo.

Nel giugno del 1999, su proposta dei Democratici di sinistra, viene candidato ed eletto al Parlamento europeo dando un contributo primario alla Carta europea dei diritti di Nizza ed alla Conferenza di Lisbona sulla economia della conoscenza. Gli anni dall’uscita della Cgil alla morte saranno per Bruno anni di grande elaborazione politica e culturale, culminata in quella che è la sua opera più impegnata dal punto di vista teorico La città del lavoro, di cui i diari testimoniano le fasi sofferte della  stesura. Si è scelto, a differenza che per il periodo della Segreteria generale, di non pubblicare i quaderni nella loro interezza. Le parti dei diari ancora inedite che si è scelto di rendere pubbliche hanno come tema il sindacato e i suoi rapporti con la  politica, il sindacato cioè come soggetto politico e la sua capacità di autonomia nutrita di progettualità.

Ci sono, nei diari, due filoni importanti di riflessione su Giuseppe Di Vittorio (“Dio sa quanto conoscessi i suoi limiti e le sue debolezze - diceva nel 1957 alla sorella Franca - e quante volte mi sia ribellato a certe ristrette manifestazioni della sua mentalità di contadino meridionale. Ma sento sempre di più quello che quest’uomo ha rappresentato per me, nella mia formazione di uomo politico e - retorica a parte - semplicemente di uomo. Sento la sua forza e la sua giovinezza, il suo ottimismo intellettuale, sempre provocatorio, come una delle cose più ricche che mi abbiano trasformato in questi ultimi anni”). La prima è la rivendicazione del sindacato come soggetto politico, che è anche la ragione di fondo della opposizione di Trentin ai miti e ai riti degli ultimi, tragici, sussulti del socialismo reale ed ai ritardi della sinistra a fare i conti col problema della libertà del lavoro e nel lavoro; la seconda è la contestuale autocritica della Cgil di fronte ai ritardi a capire le profonde trasformazioni del lavoro industriale negli anni ’50, nella fase del così detto neo capitalismo. Alle pagine dei diari si è scelto di aggiungere alcuni testi di Trentin contemporanei e relativi ai fatti di cui nei diari si parla.

Una serie di scritti, interventi, articoli - editi e inediti - in cui Bruno si confronta con la politica, dal Pci fino ai Democratici di sinistra, e con le evoluzioni e le involuzioni del sindacalismo nel nostro Paese. Si segnala, per la sua importanza, uno scritto che riguarda un sindacalista della Cisl, Eraldo Crea, come lui capace di riflettere costantemente sul senso della propria azione sindacale e vivere con lucidità e qualche angoscia le contraddizioni fra la volontà di unità di tutti i lavoratori in un progetto comune, e le logiche di organizzazione che spesso quella volontà contraddicono e mettono in ombra. Una vita e un pensiero con cui sentiva grandi punti di contatto, a volte più intensi di quelli che provava verso suoi compagni di partito e di sindacato. Anche l’unità sindacale, sembra dirci Bruno, aveva bisogno di eretici capaci di confrontarsi oltre ogni logica di organizzazione e di schieramento.

I diari, quelli pubblicati e quelli in corso di pubblicazione, consegnano ai posteri un Bruno non travisabile e non strumentalizzabile nella nettezza del suo pensiero, delle sue passioni e delle sue stesse depressioni. Una lettura importante, che come sempre quando scrive Bruno Trentin, non lascia, non può lasciare, indifferente chi legge.