Abiti da festa, file chilometriche da nord a sud, la tessera elettorale stretta tra le mani. Era il desiderio di scegliere, di contare, di costruire un futuro diverso. Era il diritto di partecipare, la libertà ritrovata, il senso del dovere che accomunava un intero popolo. Non è un sogno – o forse sì – ma è la realtà di settantanove anni fa, quando l’Italia usciva da vent’anni di dittatura, repressione, diritti negati e libertà cancellate.

Il 2 e 3 giugno 1946 si tenne il referendum istituzionale: gli italiani furono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica. Fu la prima volta nella storia del Paese che il voto fu davvero universale. Anche le donne, per la prima volta, poterono esprimersi in una consultazione nazionale. Avevano già votato nei mesi precedenti per le amministrative, ma questa era la prima occasione per decidere il destino dell’intera nazione.

Il contesto era complesso: l’Italia era uscita devastata dalla Seconda guerra mondiale, con le città in macerie, l’economia al collasso e una monarchia screditata dal compromesso con il regime fascista. Re Vittorio Emanuele III, che aveva nominato Mussolini nel 1922 e aveva firmato le leggi razziali nel 1938, abdicò pochi giorni prima del referendum, il 9 maggio 1946, in favore del figlio Umberto II. Un tentativo tardivo di salvare la Corona.

La risposta popolare fu chiara. L’89,08% degli aventi diritto si recò alle urne: su più di 28 milioni di cittadini chiamati al voto, parteciparono quasi 25 milioni di persone. Il 54,27% votò per la Repubblica, il 45,73% per la Monarchia. Lo scarto, di poco più di 2 milioni di voti, fu netto, ma la tensione fu altissima, soprattutto per le contestazioni dei monarchici che denunciarono presunti brogli. Nonostante tutto, il 10 giugno la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la vittoria della Repubblica.

Il 2 giugno nacque così non solo una nuova forma di Stato, ma anche un nuovo inizio: nei mesi successivi, l’Assemblea Costituente, eletta contemporaneamente al referendum, cominciò a scrivere la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Tra i 556 membri dell’Assemblea c’erano anche 21 donne.

“Partecipazione certo è libertà, ma è pure resistenza” canta Daniele Silvestri in A bocca chiusa, brano che accompagna il film C’è ancora domani di Paola Cortellesi. Una frase che oggi suona come un monito, ma anche come un invito: ricordare da dove veniamo per non dimenticare mai il valore del voto, della scelta, della democrazia.

Il 2 giugno, non celebriamo solo la nascita della Repubblica, ma anche il coraggio di milioni di italiani che scelsero di voltare pagina e di costruire, con il voto, un Paese nuovo.