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Il 26 aprile a Bruxelles, alle 10:30 a Place de Luxembourg, la Ces (la confederazione sindacale europea) scende in piazza per chiedere un'Europa più giusta per i lavoratori. La Cgil ci sarà con una folta delegazione, in nome del progresso sociale, per salari più alti e condizioni di vita e di lavoro migliori. “In Europa non si ascolta la voce dei lavoratori, non si parla di giovani, né di uno sviluppo che sia davvero sostenibile, con scelte di investimento che riguardino l'intera Unione e non i singoli paesi. Ci sembrava necessario che questa voce la facessimo sentire forte”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1 è Susanna Camusso, responsabile delle politiche internazionali di Corso d'Italia.
Il lavoro, d'altronde, negli anni della crisi ha pagato il costo più alto delle politiche europee: “È un grande tema da affrontare, anche nei Paesi più ricchi - ha continuato Camusso - . Le differenze sono cresciute in termini salariali tra i paesi dell'est e i paesi dell'Europa centrale, c'è ovunque un attacco alla contrattazione collettiva, ai contratti nazionali, agli elementi che permettono di avere un lavoro di qualità . E poi c'è il grande problema del fenomeno migratorio interno. L'Europa è attraversata da ingenti spostamenti di persone che vengono dai paesi della comunità che hanno problemi nel mondo del lavoro. È una vera emergenza, che bisogna affrontare per dare una prospettiva ai giovani europei”.
Lo stesso vale per le migrazioni provenienti da paesi extracomunitari: “L'Europa deve avere una politica comune sulle migrazioni. L'Italia è stata spesso lasciata da sola, ma se il nostro Paese si allea con coloro che hanno eretto muri o chiudono i confini si crea l'impossibilità di determinare una soluzione politica. Sono state fatte delle scelte prodotte dalla volontà di gridare all'emergenza-invasione. Anche se non siamo di fronte a un'invasione, ma alla necessità di avere delle regole che permettano di migrare”. Bisogna, quindi, che questi temi vengano “tradotti rapidamente in direttive che determinino una politica comune sul fenomeno, accanto a una politica europea sul lavoro. Finora quello della Commissione è stato invece un ruolo di fiancheggiamento a chi attaccava la contrattazione e i diritti dei lavoratori”.
Uno degli elementi fondamentali della costruzione dell'Europa dei popoli fu il suo patto sociale. Negli anni della crisi, invece, i servizi pubblici sono stati ridotti in gran parte dei paesi, limitando i diritti delle persone. Per Camusso servono dunque investimenti, “perché il welfare è un investimento, non una spesa.” Le risorse dedicate allo stato sociale, infatti, “non sono un costo da tagliare, come nella logica mercatista vigente per cui c'è solo il privato. È un approccio che fa venire meno elementi di coesione europea che sono invece essenziali”.
Un altro degli obiettivi dei sindacati europei è l'unificazione delle politiche fiscali e di quelle del lavoro, a cominciare da un sostegno europeo a chi il lavoro lo perde. “Questa è una delle proposte che abbiamo costruito con Confindustria in Italia - ha spiegato Camusso -. Serve uno strumento universale contro la disoccupazione, per proteggere i lavoratori dai processi di crisi, di riorganizzazione, dalle difficoltà che oggettivamente ci sono. Ma serve anche e soprattutto per contrastare il dumping che ormai esiste tra i lavoratori di un paese e i lavoratori di un altro. Invece di esportare i contratti bisognerebbe andare verso un livello omogeneo e solidale dei diritti. Un obiettivo che si accompagna alle politiche fiscali. Le diseguaglianze in Europa sono determinate anche da un fisco disomogeneo che crea differenze fra un Paese e l'altro”.
Sia il programma della Ces per le elezioni europee del 2019 che l'appello per l'Europa siglato in Italia da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, infine si aprono con l'invito ad andare a votare il 26 di maggio. “Esercitare il proprio diritto di voto è sempre un fondamento della democrazia e non bisogna mai rinunciare a dire la propria - ha conculso Camusso –. In questo caso è ancora più importante, perché siamo a un punto di svolta. Oggi in Europa si confrontano movimenti che pensano di tornare agli antichi nazionalismi e che vedono l'Europa come una sovrastruttura inutile. Dall'altra parte ci sono invece movimenti e persone che pensano che l'Europa ci abbia garantito 70 anni di pace e di crescita. La posta in gioco, insomma, è alta. Bisogna votare perché ci sia un parlamento europeo che continui a lavorare per un'Europa più giusta”.