“Apriamo il dibattito, prendiamo posizione per la pace”. Questo il titolo del documento sul conflitto israelo-palestinese sottoscritto da oltre 120 docenti dell’Università La Sapienza di Roma che si uniscono agli appelli lanciati in questi giorni da 150 colleghi bolognesi e da alcune migliaia di docenti e studiosi/e di tutta Italia.

Le richieste riguardano l’immediato cessate il fuoco e il rispetto delle risoluzioni dell’Onu (compresa quella adottata a maggioranza, con l’astensione dell’Italia, lo scorso 27 ottobre); la garanzia della libertà di parola e del diritto al dibattito dentro e fuori l’università, la promozione nell’ateneo di spazi di riflessione critica fondata su una lettura profonda, articolata e puntuale della storia; l’adozione da parte del Senato Accademico di una risoluzione di solidarietà nei confronti della popolazione di Gaza e di tutte le vittime civili del conflitto; l’apertura di una discussione pubblica all’interno dell’ateneo per la cooperazione con le università palestinesi e per il disinvestimento da società che finanziano l’occupazione illegale di territori da parte di Israele.

Il bisogno di fare chiarezza

Il primo firmatario, Gianni Ruocco, docente associato di Pensiero politico della colonizzazione e della decolonizzazione e Democrazia e critica della società contemporanea, ci spiega che la stesura di tale documento è stata dettata dall’esigenza di “moltiplicare le voci in un momento in cui, in continuità con il passato recente, si è costruita una narrazione ufficiale che impedisce una riflessione pacata attorno a questa questione. Una narrazione ‘avvelenata’ spostata sul punto di vista di Israele attorno alla quale si è consolidato il mondo occidentale e che non nasce da ragioni oggettive”.

Le ragioni stanno invece in una posizione di forza che Israele impone "ricollegandola alla sua storia di sofferenze e minacce a partire dal 1948 – dice Ruocco – e che si ricollega strettamente alla Shoah e all’antisemitismo in Europa, impedendo di essere soggetta a critiche, come invece accade per il resto dei soggetti che agiscono nella storia”.

No ai sensi unici

La necessità, per il gruppo di docenti de La Sapienza, è quella di una “narrazione alternativa che possa aprire una riflessione e una discussione in cui ciascuno arriva con posizioni diverse tra loro, moltiplicando gli spazi nei quali questo possa avvenire. Quindi è importante che una parte di docenti prendesse una posizione diversa”. Ruocco ricorda che poco dopo il 7 ottobre La Sapienza ha espresso “una posizione unidirezionale, con la condanna di Hamas, ma senza vedere l’origine di quanto sta accadendo e quello che già si stava già scatenando a Gaza per opera del governo israeliano”.

Quanto si deve chiedere è “il riconoscimento del ruolo che ha ciascuno dei soggetti in campo, il chiamare le cose con il loro nome e prendere atto che la posizione assunta dall’Occidente già dal 1967, perdendo qualsiasi traccia di differenziazione, è dettata da un posizionamento stesso che riconosce nello Stato di Israele un pezzo forte dell’Occidente, mentre quello palestinese rimane un territorio senza alcuna soggettività e non egualmente riconoscibile”.

Il colonialismo israeliano

C’è in sostanza “un’asimmetria che determina una narrazione avvelenata”, afferma il docente:  “Si tratta di una posizione coloniale che rinveniamo non tanto nel giusto diritto di Israele di esistere e difendersi, ma nell’atteggiamento verso i territori della Palestina: da un lato nuove residenze israeliane abusive a pioggia, tanto che è difficile riconoscere un territorio unico interamente palestinese, dall’altro l’atteggiamento delle forze armate di Tel Aviv che si arrogano la totale disponibilità della vita delle persone e del territorio, attraverso i controlli ai check-point, entrando nelle loro case e procedendo con arresti arbitrari”.

E, ancora: “Non si capisce a che titolo Israele agisca: se il governo pensa che Gaza sia territorio israeliano, dovrebbe agire nella legalità; se ritiene invece che sia territorio estero, agisce come fosse uno spazio coloniale, come una forza straniera che tratta liberamente la popolazione con modalità eminentemente razziste, considerando nei fatti i palestinesi come una popolazione inferiore, nei confronti della quale si può esercitare qualsiasi tipo di libertà”.

Docenti e studenti ancora reattivi?

Alla domanda se non sia calata la sensibilità e la reattività nelle università a fronte dell’esplosione dei conflitti, Ruocco risponde che “il 7 ottobre c’è stata una reazione molto forte dettata da quanto compiuto da Hamas, identificato come forma di terrorismo, quindi qualcosa che negli anni passati ha toccato da vicino l’Europa. L’impasse è però costituita dalla difficoltà di assumere una posizione che non sia subito polarizzata e criminalizzata. Bisogna uscire dalla conta dei morti, riconoscere una situazione complessiva e ricostruire storicamente le responsabilità di tutti i soggetti in campo”.

La situazione di paralisi è anche dettata dall’impossibilità “di intervenire e agire senza violare uno spazio che Israele rivendica come suo e rispetto al quale non ha mai ascoltato alcuna voce - conclude - . È difficile se non impossibile prendere una posizione diversa. Nessuno è voluto intervenire su Israele e le forze palestinesi per cambiare la situazione. Dopo il 1993 e il 2005 si è determinato lo stallo e, se non si sblocca, la situazione rimarrà sempre irrisolvibile”.