Tagliare 16 miliardi “rimodulando” circa un terzo delle misure previste dal Pnrr originario non è un piccolo aggiustamento. Quando si mette mano a ben 144 obiettivi su 349, e quando questo riguarda interventi e investimenti fondamentali in materia di sostenibilità ambientale, messa in sicurezza del territorio, efficienza energetica, contrasto al degrado sociale e affermazione della legalità, la cosa è tutt’altro che marginale.

E ancora: quando la gran parte dei tagli ricade sulle regioni meridionali e non riguarda - invece – progetti in ritardo, il sospetto che a essere sotto attacco siano gli obiettivi e lo spirito del Pnrr si fa consistente. Per di più, sembra che dietro ci sia anche una sorta di intento punitivo nei confronti di città e sindaci e, contemporaneamente, un intento accentratore, questo sì davvero manifesto. 

Tanti i contrari

Nemmeno la Conferenza delle Regioni, a maggioranza di centro-destra, sembra condividere il piano di rimodulazione inviato dal ministro Fitto a Bruxelles su mandato della premier Meloni. Per non parlare dell’Anci, l’Associazione dei comuni, che ha dimostrato carte alla mano che sono stati tagliati progetti perfettamente nei tempi definiti, alcuni dei quali già cantierabili che rischiano di essere fermati. La maggior parte di questi, definiti attraverso un proficuo e importante processo di partecipazione dal basso che mortificare sarebbe davvero, oltre che sbagliato, foriero di un ulteriore distacco dei cittadini dalla politica.

Qualche esempio? I progetti di rigenerazione urbana di Tor Bellamonaca a Roma e Scampia a Napoli: i lavori sono pronti a partire per ottobre, cosa fare ha coinvolto, oltre ovviamente alle amministrazioni locali, anche i residenti di quei quartieri che nei progetti vedono il riscatto da una condizione di marginalità e la possibilità di emancipazione dalla criminalità organizzata. Non farli sarebbe davvero un bruttissimo segnale da tanti punti di vista.

La preoccupazione del sindacato

"Le decisioni del governo in merito al Pnrr sono a dir poco preoccupanti", afferma il segretario confederale Cgil Christian Ferrari: "Si cancellano progetti per ben 16 miliardi che riguardano il rischio alluvione, il dissesto idrogeologico, gli investimenti per la decarbonizzazione, solo per fare qualche esempio. Lo stesso avviene per la sanità territoriale e per i progetti dei Comuni. Si rischia così di compromettere gli obiettivi strategici del Piano sull'ambiente, sulla conversione ecologica, sul rafforzamento del welfare, sulla riduzione delle diseguaglianze e dei divari territoriali”.

Il metodo, conclude Ferrari, è anche peggio del merito: "Siamo di fronte a scelte unilaterali e alla cancellazione del confronto con le parti sociali previsto sia dai regolamenti europei sia dalla normativa italiana. Stiamo parlando di un Piano che, non va mai dimenticato, non appartiene al governo in carica, ma riguarda l'intera società italiana".

Furia contro il Sud

Tra gli obiettivi trasversali del Pnrr c’è quello, o forse meglio dire: c’era, di ridurre i divari, a cominciare da quello tra territori. Ebbene, sarà purtroppo un obiettivo disatteso, visto che la gran parte delle risorse azzerate dalla rimodulazione del Piano erano destinate al Sud. Non solo: a detta del ministro Fitto, le opere espunte dal Pnrr potranno essere finanziate con i Fondi coesione. Piccolo particolare: quelle risorse sono già destinate per altri progetti del Mezzogiorno, se saranno dirottate su quelle del Pnrr andranno anche in altri territori, e quelle che rimarranno al Sud non potranno finanziare sia quelle del Pnrr sia le altre. Quindi, doppia penalizzazione.

In Campania

Su 16 miliardi di tagli, ben un 1 miliardio 670 milioni sono sottratti alla Campania. “Napoli aveva un miliardo di progetti finanziati, le vengono sottratti 825 milioni, così salta il banco”, argomenta Nicola Ricci, segretario generale della Cgil campana: “Per la città sarebbe un vero disastro, si fermerebbe quel processo di riqualificazione e riscatto sociale avviato con l’apertura di una sede dell’Università Federico II a Scampia, o con l’apertura dell’Appe Center a San Giovanni”.

Già, perché a fermarsi sarebbero i lavori per l’abbattimento delle Vele, per la costruzione della piscina a Scampia, per la rigenerazione urbana di San Giovanni e dei Quartieri, e poi niente più per la mobilità urbana, meno asili nido e meno case e ospedali di comunità. Tagli consistenti riguardano anche le altre province: nessuna ristrutturazione del litorale domizio in provincia di Caserta, nessuna messa in sicurezza dei costoni della costiera salernitana, nessuna niente riqualificazione dei beni sequestrati alla camorra. E ancora: non si costruirebbe il polo logistico di Avellino né la tratta ferroviaria beneventana della Napoli-Bari.

“In gioco - conclude Ricci - è la possibilità di sviluppo dell’intera regione, e con essa la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro. È inaccettabile e non lo accetteremo. Abbiamo chiesto al presidente della Regione De Luca di costruire un’alleanza tra amministratori locali e parti sociali per contrastare queste decisioni”.

In Puglia

Meno 600 milioni destinati a 238 progetti pronti per partire. Anche in questo caso progetti importanti, soprattutto di rigenerazione delle periferie, a cominciare da quelle di Bari. “Fosse confermata - commenta la segretaria generale della Cgil pugliese Gigia Bucci - la diffusa lettura del documento del governo relativo all’uso delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (Fsc), vincolate a spese di investimento, per le opere del Pnrr definanziate, saremmo di fronte all'ennesimo atto anti-sociale che trascura il grave e diffuso disagio che investe tanti cittadini soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno”.

Il programma Fsc, ricorda la Cgil, prevede "trasferimenti per l’80% destinati alle regioni del Sud. Assieme ai fondi strutturali europei, è lo strumento finanziario principale attraverso cui vengono attuale le politiche per lo sviluppo della coesione, finalizzato alla rimozione degli squilibri economici e sociali”.

In Sicilia

“Il dato politico che emerge - afferma Alfio Mannino, segretario generale della Cgil isolana - è che tagliano risorse destinate a dare un respiro alle periferie, quindi dove ci sono i ceti più disagiati. Sommati ai soldi di coesione che vengono spostati sul Pnrr, significa che i soggetti più deboli, e soprattutto le regioni meridionali, sono quelli maggiormente colpiti da questa rimodulazione”.

Anche in Sicilia la sottrazione di risorse prevista è davvero considerevole: 513 milioni 600 mila euro, più della metà erano destinati alla rigenerazione urbana delle periferie “Nel totale silenzio del governo regionale, e questo è gravissimo”, prosegue l'esponente sindacale: "Se a queste somme si aggiungono quelle del reddito di cittadinanza tolto ai siciliani, il risultato è 1 miliardo 800 milioni che in una settimana sono stati sottratti alla Sicilia. Un colpo enorme per la nostra economia, dato che i percettori del reddito, infatti, erano ad alta propensione al consumo”.

Anche qui è in gioco lo sviluppo del territorio, basti pensare che con le risorse per la transizione ambientale si dovevano trasformare i tre poli industriali oggi fondati sulla raffinazione. Insiste Mannino: “Abbiamo chiesto al presidente della Regione un incontro, ma non abbiamo ricevuta risposta. Deve essere chiaro che, a fronte di un eventuale silenzio del governo regionale, noi metteremo in campo le iniziative necessarie affinché il governo nazionale dia le garanzie che queste risorse non vengano assolutamente sottratte alla Sicilia”.

Legalità vo cercando

Infine, ma non da ultimo, cancellare con un tratto di penna 300 milioni destinati ai beni confiscati è davvero grave, e ancora una volta colpirà i Comuni del Sud. “Con un appello al governo, sottoscritto con tutte le associazioni antimafia, avevamo già criticato ampiamente la scelta di finanziare il sostegno per il recupero dei beni confiscati sottratti alle mafie solo per le otto regioni del Sud", dichiara Emilio Miceli responsabile Cgil nazionale Politiche della legalità: "Oggi alla beffa si aggiunge il danno. L'esecutivo taglia, senza prevedere alcuna rimodulazione, i 300 milioni previsti per manutenzione e riuso dei beni confiscati, stanziati e assegnati attraverso un bando rivolto ai Comuni interessati”.

Risorse, conclude Miceli, che oltretutto erano "già state assegnate ai Comuni che hanno lavorato per la progettazione degli interventi. Con questa scelta sciagurata si causa sicuramente un grave appesantimento dei bilanci dei Comuni del quale il governo è chiamato a rispondere. A parole il governo dichiara di combattere le mafie, mentre nei fatti smentisce perfino se stesso".