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Si è riunita il 4 dicembre la cabina di regia del Comitato di sorveglianza che si occupa di monitorare i progressi relativi al Piano Nazionale del Just Transition Fund. Taranto e Sulcis Iglesiente alla prova della transizione ecologica si sono presentati al tavolo anche con i componenti della Cgil nazionale rappresentata da Tecla Luvi e i segretari territoriali Fausto Durante, segretario generale della Cgil Sardegna, e Giovanni D’Arcangelo, segretario generale della Cgil di Taranto.
D’Arcangelo, preoccupato innanzitutto per la scomparsa del requisito che misura gli investimenti anche in base alla ricaduta occupazionale e per la scarsa attenzione relativa a un maggiore utilizzo delle energie rinnovabili, ha esordito richiamando l’attenzione sulla “settimana particolare” vissuta dalla città di Taranto in riferimento alla situazione dell’ex Ilva.
“In questi ultimi giorni siamo stati in strada con le lavoratrici e i lavoratori ex Ilva in sciopero e mobilitazione permanente – ha scritto in una nota D’Arcangelo –. Persone che provano a difendere un presente difficile e complicato. Oggi (4 dicembre ndr) eravamo seduti al tavolo del Comitato di Sorveglianza del Just Transition Fund che deve costruire adesso le condizioni del futuro per affrontare la difficile transizione industriale, ambientale e sociale e provare a dare risposte concrete a chi si è mobilitato o a quelli che vivono in altri contesti territoriali condizioni di precarietà. Come Cgil facciamo parte del Comitato di Sorveglianza, che è un organo che ha il compito di monitorare l’efficacia degli investimenti pubblici legati al Jtf”.
D’Arcangelo: “Appare evidente che non ci si preoccupa dei posti di lavoro ma delle imprese che prendono risorse pubbliche”
“Ma oggi, in realtà, di fronte a un Piano ancora all’inizio del suo percorso, sono state esposte le modifiche a quel Piano – sottolinea il segretario della Cgil di Taranto –. Cosa prevedono quelle modifiche? Che, ad esempio, non si misurano più i livelli occupazionali previsti, bensì le risorse che sono state date alle imprese. Così appare evidente che non ci si preoccupa dei posti di lavoro ma delle imprese che prendono le risorse pubbliche. Si apre alla partecipazione delle grandi imprese ma non ci risultano indicatori di condizionalità, cioè di come quelle grandi imprese si impegnano a stare sul territorio e non solo il tempo di godere delle risorse pubbliche. A queste latitudini brucia ancora la ferita di quelle grandi imprese che sono venute qui e che dopo i benefici della legge 488 del 1992 poi sono scappate via quando sono finiti quei soldi, lasciandoci qui disoccupazione e deserto industriale. E poi, all’interno del Piano si inserisce l’azione dell’housing sociale. Per carità, per noi è un tema sensibile, ma ci chiediamo quale connessione abbia con il lavoro e con un futuro produttivo sostenibile di filiere alternative”.
Il segretario sottolinea come, a ben vedere, “si prevede la riduzione degli obiettivi per la produzione di energia rinnovabile. Come Cgil – denuncia –, queste modifiche sostanziali del piano ci fanno pensare che i territori del Sulcis e di Taranto, a quell’appuntamento con la storia rischiano di non arrivarci mai mantenendo intatti nella strutturalità i loro problemi occupazionali e ambientali”.
“Abbiamo votato contro come Cgil perché questo piano rischia di non dare risposte alle emergenze sociali in atto”
“Se questo Piano, quello del Jtf, non dovesse rispondere a quelle istanze con l’illusione che dando le risorse alle imprese queste possano agire nell’interesse dei lavoratori senza alcuna condizionalità, e riducendo i target ambientali, allora credo che ci troveremo nel 2029 a fare un bilancio di un piano che non sarà riuscito a rilanciare il lavoro e non avrà dato risposte alle emergenze sociali in atto. Per questa ragione, come Cgil, abbiamo votato contro perché queste modifiche non ci aiuteranno e le nostre domande non hanno trovato risposte”.





























