Il dato è ufficiale e definitivo: nel 2023 l’inflazione è cresciuta in Italia del 5,7 per cento. Una frenata rispetto all’8,1 registrato nel 2022, ma una crescita rispetto all’1,9 del 2021. L’Istat ha snocciolato le cifre dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (cosiddetto Nic) analizzando gli effetti sulle classi di spesa delle famiglie. Ha spiegato che, come sempre accade in questi casi, i nuclei con meno possibilità economiche sono proprio quelli che soffrono maggiormente quando i prezzi di beni e servizi si alzano.

E ha dichiarato che il dato relativo a dicembre è confortante: più 0,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2022. Il rallentamento è dovuto quasi completamente alla dinamica dei prezzi dei beni e in particolare a quella degli energetici.

Il triennio 2021-2023

Fin qui la cronaca. Se però guardiamo questi numeri in prospettiva, fanno impressione quelli dell’inflazione nel triennio che ci lasciamo alle spalle, 2021-2023: più 17,3 per cento prendendo a riferimento l’Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione), l’indicatore che viene usato come base per effettuare i rinnovi contrattuali e che consente i confronti con il resto dell’Europa.

“È la variazione cumulata (diversa dalla somma aritmetica, ndr) degli ultimi tre anni in cui l’inflazione ha corso: più 1,9 nel 2021, più 8,7 nel 2022, più 5,9 nel 2023 – spiega Nicolò Giangrande, dell’ufficio economia della Cgil nazionale -. L’impatto dell’inflazione generale in questo triennio è stato maggiore e più ampio per la famiglie con minore capacità di spesa: più 22,3 per cento. Più contenuta, e cioè pari al 15,1 per cento, per quelle abbienti. Sono le persone con i salari più bassi che stanno soffrendo di più. È un’inflazione che morde nel vivo”.

Il carrello della spesa

La dimostrazione che l’inflazione colpisce soprattutto i nuclei a reddito basso arriva dal famoso carrello della spesa: i prezzi dei beni contenuti in quel paniere sono aumentati del 9,5 per cento nel 2023 rispetto al 2022, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza di acquisto del 6,7 per cento (qui torniamo all’indice Nic).

“Questo conferma che il ‘carrello tricolore’ (l’iniziativa del governo messa in campo per frenare l’inflazione, ndr) è stato un fallimento – riprende Giangrande -. Dati Istat alla mano, è dimostrato che il carrello della spesa ha registrato un aumento complessivo sia rispetto ai mesi precedenti che allo stesso periodo del 2022. Pura propaganda che si è tradotta in un vero e proprio flop perché non c’è stato alcun calmieramento dei prezzi”.

Stangata 2023

Sono avvalorati anche gli allarmi delle associazioni dei consumatori, che a inizio anno hanno calcolato la stangata a cui le famiglie hanno dovuto fare fronte nel 2023: un aggravio di minimo 1.200 euro per casa, energia, trasporti, cibo e bevande, abbigliamento, tempo libero. Tra i prodotti alimentari a maggiore tasso di crescita del prezzo, precisa l’Istat, nel periodo 2019-2023 troviamo lo zucchero (più 64,8 per cento), il riso (più 50), l'olio di oliva (più 42,3), la pasta secca (più 40,1), il burro (più 36,5), il latte intero (più 21,9). Prodotti che compriamo tutti i giorni o quasi.

Se a questi rincari certificati si aggiunge il fatto che i salari in Italia sono fermi da 30 anni, come ha evidenziato l’ultimo rapporto dell’Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche, si capisce come e perché le famiglie italiane si stanno impoverendo. Mentre diventa sempre più urgente rinnovare i contratti scaduti: sempre secondo l’Istat, 31 accordi tra pubblici e privati, che interessano complessivamente 6,7 milioni di lavoratori.