“Egregio Presidente, con la presente, la Fp Cgil Polizia Penitenziaria desidera esprimere la propria ferma condanna in seguito alla sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte. La sentenza ha riconosciuto il ‘danno morale’ subito da un agente di polizia penitenziaria del carcere di Torino, il quale era stato indebitamente sottoposto a un esame psichiatrico per verificare la sua presunta omosessualità”.

Inizia così la lettera della Fp Cgil – Polizia penitenziaria inviata al Capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria Giovanni Russo, al sottosegretario alla Giustizia Andrea Del Mastro, al direttore generale del personale e delle risorse Massimo Parisi, e all’Ufficio relazioni sindacali con il pubblico del Dap, inerente la vicenda dell’agente di polizia penitenziaria sottoposto a un esame psichiatrico per verificare se fosse omosessuale.

L’uomo ha poi presentato un ricorso al Tar del Piemonte ottenendo un indennizzo di 10 mila euro per ‘danno morale’, ma la vicenda non può concludersi senza un seguito, perché, come si legge nella lettera, la procedura utilizzata nei confronti dell’agente, “basata su segnalazioni false da parte di detenuti, non solo ha violato i diritti personali e la dignità dell'agente, ma ha anche sollevato preoccupanti questioni riguardo le pratiche discriminatorie all'interno delle istituzioni che dovrebbero tutelare l'equità e il rispetto dei diritti umani”.

“E’ inaccettabile che nel 2024 si sia discriminati per un orientamento sessuale, in questo caso eventuale – afferma Mirko Manna, coordinatore nazionale degli agenti penitenziari della Fp Cgil –. Quanto messo in campo è una vera gogna mediatica, che connota chiusura mentale e un modus operandi interno da parte della Polizia penitenziaria che utilizza in modo errato i mezzi a disposizione.

E’ discriminante mandare un agente all’ospedale per sottoporlo a test sulla sua sessualità, rovinandogli inoltre la carriere. Su questo c’è da fare un focus per accertare anche le responsabilità dell’ospedale militare.Quello che chiediamo è l’apertura di un’inchiesta interna, anche perché non esiste alcuna regola discriminante a livello nazionale come quella applicata invece a Torino territorialmente". Manna racconta che in un altro carcere, al contrario, era accaduto che venisse messa nelle migliori condizioni lavorative un’agente che aveva iniziato la  transizione di genere, a dimostrazione che non si tratta di norme nazionali.   

Sandro Gallittu, responsabile Nuovi diritti della Cgil, parla di accadimenti al di là di ogni ragionevolezza: “E’ stata avviata una procedura come se l’omosessualità fosse un’accusa infamante ed è gravissimo anche il processo avviato, con il ricorso psicologi e psichiatri in barba a ogni orientamento dell’Organizzazione mondiale della sanità e a qualunque norma antidiscriminatoria. Quando si parla violazione dignità, non in quanto accusato di omosessualità ma per le visite alle quali l’agente penitenziario è stato sottoposto, è davvero avvilente e fa pensare che ci troviamo davanti a vittime di un’impostazione omofoba e discriminatoria portata avanti da questo governo”.