Dopo l’Esercito e la Guardia di finanza anche la Marina militare si è dotata di un’associazione professionale a carattere sindacale. Nel 2018, infatti, la Corte costituzionale ha sentenziato che anche i lavoratori e le lavoratrici in divisa hanno diritto alle libertà sindacali. Daniele Malacrida, eletto segretario generale del Silmm, ragiona con Collettiva.it su senso, obiettivi e programmi dell’associazione

Anche la marina militare si è dotata di un'associazione a carattere sindacale. Perché?

Innanzitutto occorre fare una premessa: le associazioni a carattere sindacale nel mondo militare rappresentano un genere diverso, peculiare, rispetto a tutto il resto delle organizzazioni sindacali. La specificità del contesto militare è tale che non si può prescindere da questo concetto. Noi siamo prima di tutto, è bene evidenziarlo subito, dei militari. Il nostro essere lavoratrici e lavoratori trova ragione e scopo nella divisa che indossiamo e nelle regole che seguiamo. Come tali, anche la nostra visione del sindacato rappresenta qualcosa di più, e qualcosa di diverso, rispetto alla costituzione di un sindacato civile. Vede, noi – all’atto del nostro insediamento nel corpo militare di appartenenza – prestiamo un giuramento: che è un giuramento di fedeltà indiscussa alla patria, alle istituzioni, ai valori fondanti dello Stato democratico Italiano. Nulla può esservi, anche nel nostro associazionismo sindacale, al di fuori di questo giuramento. Esprimo questo pensiero con estrema decisione perché sia chiaro a chiunque, anche a chi non crede nell’opportunità di un sindacato militare, che la nostra militanza sarà, come deve essere, sempre all’interno di questo perimetro. Un conto è, però, camminare nelle regole, un altro aiutare il comparto militare, e in specie quello di nostra pertinenza, la Marina, a evolversi portandosi al passo con il mondo del lavoro e con le strutture europee e mondiali dello stesso genere, che già esistono da tempo all’estero, e che tutelano con serietà la vita, la carriera, le esigenze e non ultimi i diritti dei militari. Peraltro, il corollario necessario di questa evoluzione è che si otterranno positive conseguenze anche per il “datore di lavoro”, ossia l’amministrazione militare, poiché lavoratori garantiti, tutelati, supportati rendono sicuramente migliore il rapporto lavorativo.

Le forze armate, quindi, come luogo di lavoro e gli uomini e le donne in divisa lavoratori e lavoratrici a tutti gli effetti, con doveri da rispettare e diritti da tutelare. Quali?

Com’è ovvio, i diritti da tutelare sono gli stessi ovunque e sono quelli che si ispirano non solo al raggiungimento del miglior risultato lavorativo, ma anche personale. Ritrovare il giusto equilibrio tra le parti nel momento in cui dovesse venire a mancare, ecco questo sarà l’obiettivo cardine del nostro sindacato. La centralità del nostro ruolo sarà proprio nel vigilare affinché le leggi esistenti vengano applicate e gli squilibri normativi colmati, a tutela dei lavoratori militari. Prima di tutto dunque, la normativa vigente sulla sicurezza nel luogo di lavoro, a garanzia del corretto svolgimento delle mansioni e anche, ovviamente, per evitare che insorgano tragedie che coinvolgano il personale e siano fonte di responsabilità per l’amministrazione. Ancora, grande spazio verrà dato alla tutela della genitorialità e alle problematiche familiari. La presenza femminile all’interno del mondo militare e specificamente in Marina, ormai consolidata da tempo, non ha ancora ricevuto il giusto peso e le necessarie tutele affinché sia possibile per lavoratrici e lavoratori militari trovare un equilibrio tra i propri doveri verso la nazione e quelli verso la famiglia. Dobbiamo ricordare infatti che essi rappresentano entrambi beni costituzionalmente garantiti. La lesione dell’uno o dell’altro creerebbe danno e scompenso sociale.
Siamo qui a predisporre, garantire, accompagnare e realizzare queste tutele. La serenità familiare è determinante perché i militari possano lavorare e rendere al meglio delle loro possibilità.

Quali strumenti d’azione e quali obiettivi prioritari vi ponete?

Creare nei lavoratori, la coscienza dei propri diritti e dei mezzi necessari per perseguirli, è l’obiettivo di ogni sindacato. Ancor di più per chi, come noi, per tanti anni ne è stato privato e solo ora si accosta a questo nuovo modo di concepire la propria realtà lavorativa. Nell’immediato, gli strumenti di cui i lavoratori militari hanno bisogno e di cui cercheremo di dotarli, saranno quelli pratici. Le problematiche connesse al prestare lavoro spesso lontano dalle proprie famiglie, le molteplici difficoltà in cui le lavoratrici e i lavoratori della marina possono incorrere, non ultimo – stando alle statistiche in nostro possesso e alle richieste d’aiuto che ci stanno giungendo – il dramma del sovraindebitamento, rappresentano per noi gli obiettivi principali; il supporto al personale a livello legale, sanitario, psicologico, in sintesi la creazione di una rete che consenta ai nostri colleghi di non essere soli negli anni lavorativi, e, soprattutto, di non farli sentire abbandonati. Il Silmm ci sarà per le grandi lotte a tutela dei diritti dei militari di Marina, ma ci sarà anche per le problematiche ritenute minori ma che sono di grande impatto nella loro quotidianità.  

L’associazione è nata, lo dicevamo, ma la politica fatica ancora a riconoscere il valore di queste associazioni a carattere sindacale. Vogliamo ricordare che Esercito, Finanza, Polizia di Stato, ad esempio, hanno già organizzazioni di questo tipo. In parlamento giace un testo di legge che dovrebbe dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale che riconosce anche agli appartenenti ai corpi militari il diritto alla rappresentanza sindacale. Cosa condivide e cosa non condivide di quel testo?

Premesso che la Polizia di Stato usufruisce di una normativa conseguente alla smilitarizzazione di questo corpo, risalente agli anni ’80, e che pertanto potrà per noi costituire una buona base ma non certo potrà venir applicata integralmente, proprio per le sostanziali differenze esistenti tra corpi militari e non militari, devo aggiungere che l’ambito specifico della nostra appartenenza si avvicina di più all’esempio dell’Esercito e della Finanza, con le ovvie peculiarità di ciascuno. Ciò detto, il testo normativo è sicuramente valido ma ritenuto oramai obsoleto anche dagli stessi appartenenti alla Polizia di Stato, i quali auspicano un suo ammodernamento. Ritengo a tal proposito opportuno annotare che in quarant'anni l’evoluzione dei tempi ha cambiato a livello globale il nostro modo di pensare, di esprimerci, di comunicare, nuovi diritti si sono affermati e, com’è logico, tutto questo si è riverberato anche nel mondo del lavoro, e, dunque, anche nel mondo del lavoro militare. Il testo di legge all’attenzione del parlamento, invece, cioè quello che dovrebbe divenire la nostra guida per il sindacato militare, presenta numerose problematiche e non poche lacune: franca ogni considerazione in merito alle modalità di applicazione del sindacato all’ambito militare, su cui ritengo di aver già abbondantemente spiegato la posizione del Silmm, reputiamo assolutamente non condivisibile la duplicazione del sindacato militare quale clone della rappresentanza militare. Il concetto per cui la rappresentanza sindacale militare debba essere vista come una “concessione” fatta dal datore di lavoro, oltre a svilirne il significato, ne altera profondamente le ragioni e l’operatività. Questo è alla base della nascita, e della sopravvivenza, di ogni forma sindacale. Il sindacato nasce e si sviluppa per tutelare il lavoratore, e per affermare dei diritti che – in sé – sono già esistenti. E non certo emanazione di un datore di lavoro, sia esso pubblico o privato. Tanto l’amministrazione quanto la politica debbono capire che non v’è alcuna intenzione di ledere l’istituzione Forza Armata né, tanto meno, la sua operatività, nella creazione e nella sussistenza del sindacato militare. Alcuni articoli, poi, del testo in preparazione, hanno dei rimandi addirittura paradossali: tanto per esemplificare, l’art. 3 sulla costituzione delle associazioni sindacali militari ricorda un po’ troppo da vicino l’art. 4 della legge 563/1926 sulle corporazioni, di chiara matrice fascista, laddove si parla di riconoscimento e legalizzazione, e addirittura del potere di radiazione dei sindacati “scomodi” da parte del datore di lavoro! Qualora non bastasse, il testo parla anche della trascrizione del sindacato “in apposito albo”, quando chiunque sa che l’albo è lo strumento adoperato per certificare l’appartenenza a una determinata categoria professionale, come medici, avvocati, o giornalisti. In ultimo, e sempre a mero titolo di esempio, la sottoposizione alla giurisdizione amministrativa del sindacato, in luogo del giudice ordinario – che è giudice naturale (ossia precostituito per legge) delle controversie a sfondo sindacale, vero e proprio assurdo giuridico, che non ha nulla a che vedere con il fatto che il rapporto di lavoro subordinato del militare ricada nell’ambito della pubblica amministrazione e pertanto sia soggetto al giudice amministrativo. Controversia sindacale e controversia lavorativa sono concetti distinti. Capirà dunque come tali grossolanità inficino il testo fino a renderlo del tutto irricevibile.

Oggi pomeriggio si terrà la prima iniziativa organizzata dal Silmm “Navigare Sicuri”. Ci illustra gli obbiettivi di questo confronto?

L’obiettivo principale è quello di far comprendere, per quanto possibile, chi siamo, quali sono i nostri valori e come ci muoveremo. Abbiamo voluto invitare anche altre associazioni militari, perché la collaborazione fra noi è importante, e ne auspichiamo il supporto, anche per “fare rete”. Quelle civili della Polizia, invece porteranno la testimonianza del valore aggiunto che i sindacati hanno portato nella loro vita lavorativa, perché vorrei ricordare che anche loro, in passato, avevano lo status di militare.