Presentata a Roma, al Centro Congresso Frentani, un’inchiesta sulle condizioni di lavoro nel settore del cine-audiovisivo e dello spettacolo dal vivo, promossa da Slc Cgil insieme a Fondazione Giuseppe Di Vittorio. Si tratta di un primo momento di analisi, cui seguiranno nei prossimi mesi successivi approfondimenti sui dati disponibili e soprattutto l’avvio di una fase di ascolto dei lavoratori e delle lavoratrici del settore, attraverso un questionario, presentato durante l’iniziativa e da oggi compilabile.
Lo scenario attuale
In questa prima fase sono stati illustrati i dati di scenario sul mercato del lavoro e una prima analisi degli investimenti nel settore dello spettacolo (elaborazioni da dati Istat, Osservatorio Ex Enpals, MiC). Quello dello spettacolo è un settore molto complesso, dove il lavoro è fortemente discontinuo, seppur popolato in larga parte di eccellenze, talenti, creatività, professionalità. Il tema dei diritti e delle tutele dello spettacolo è scoppiato in modo emergenziale nel 2020, con lo stop imposto dal Covid.
Un’emergenza strutturale
Tuttavia chi ci lavora sa bene che quell’emergenza è in realtà sistemica: i contratti discontinui, le prove non pagate, la formazione non garantita, la difficoltà di programmare gli impegni futuri, la necessità di svolgere più lavori contemporaneamente e, soprattutto, la discontinuità di reddito e tutele per i periodi di non lavoro.
L’obiettivo dell’inchiesta
L’obiettivo dell’inchiesta e del questionario è “riaccendere i riflettori” sul mondo dello spettacolo. La scommessa, rispetto anche ai precedenti lavori d’indagine, è quella di tenere insieme i due settori (il cine-audiovisivo e il live) per dare avvio a una diffusa fase di analisi e ascolto delle condizioni di lavoro nello spettacolo, provando a dare voce ai tanti problemi non risolti e ad altri nuovi, come quelli relativi all’uso sempre più massiccio dell’intelligenza artificiale.
Più investimenti pubblici: allo Spettacolo solo lo 0,025% del Pil
I settori del cine-audiovisivo e del live sono un bene comune riconosciuto anche dalla Costituzione, su cui però il Paese investe poco e male, con ricadute minime su quello che invece dovrebbe essere un tema centrale: la valorizzazione delle tante e diverse competenze di chi lavora, i loro diritti e la garanzia di un livello dignitoso di welfare. La spesa dei contributi statali diretti allo spettacolo in rapporto al Pil ha continuato, dal 1985 al 2023, a scendere inesorabilmente. Nel 2023, la somma dei fondi del Fus e dei contributi diretti del cine-audiovisivo è pari soltanto allo 0,025% del Pil.
Un settore difficile da “misurare”
Quello dello spettacolo è un settore difficile da “misurare”, perché, a causa principalmente della forte discontinuità lavorativa e della dispersione contrattuale, manca di unità e tende a sfuggire anche alle rilevazioni statistiche. Un fatto che rappresenta di per sé un nodo politico, perché significa presentarsi “all’appello” in modo frammentato e, quindi, più deboli sul piano della riconoscibilità istituzionale.
Quanti sono i lavoratori in gioco
Elaborando i dati Istat della “Rilevazione trimestrale della forza lavoro” (2023), il lavoro presentato dalla Fondazione Di Vittorio quantifica una platea di 141 mila lavoratori e lavoratrici. I dati Istat, però, raggiungono soltanto una parte del mondo che gravita intorno al settore, quella che svolge questo lavoro in modo più o meno abituale (anche se con forte discontinuità). Un’altra fonte di dati è l’Osservatorio Inps ex Enpals. Se, però, la prima fonte sottostima la platea, la seconda rischia di sovrastimarla. L’Osservatorio ex Enpals conta chi lavora nel settore anche con una sola contribuzione in un anno. Escludendo le professioni dello sport, si arriva nel 2023 a oltre 327 mila occupati nello Spettacolo. Di questi, però, una larga parte può fare questo lavoro soltanto in modo occasionale.
Il piano B e le altre fonti di reddito
Questo può significare che c’è una platea molto vasta di lavoratori e lavoratrici che gravita intorno al mondo dello spettacolo, ma solo una parte riesce a svolgere davvero questa professione, seppure in condizione di forte discontinuità. Gli altri, soprattutto i più giovani, rischiano di restare intrappolati in gavette infinite, dove si finisce per accettare qualunque condizione, stretti tra la prospettiva di “abbandonare il proprio sogno” o restare ai margini, in una condizione di fortissima precarietà e lavoro povero.