Il colmo per un’attrice o un attore sarebbe restare senza voce. Ma è proprio quello che stanno denunciando, a più riprese, i professionisti dello spettacolo da quando è cominciata l’emergenza coronavirus, che ha significato per una grande parte di questi lavoratori il licenziamento in tronco, la cancellazione di progetti futuri e presenti, la perdita di un reddito. La campagna "Tiriamo fuori la voce"  (qui le istruzioni per partecipare) è nata per denunciare la mancanza di risposte esaustive da parte del Ministro per i beni culturali, Franceschini, alle molte domande poste. Oltre diecimila lavoratori di cinema e teatro hanno firmato un comunicato indirizzato a Mibact, Ministero del lavoro, Agis, Anica e Federvivo. A coordinare l’azione è stata la rete Attrici Attori Uniti, nata a pochi giorni dall’inizio della pandemia, grazie alla spinta ad unirsi, per creare un terreno di confronto sulle tematiche specifiche e irrisolte legate a questo mestiere. La rete, organizzata in tavoli di lavoro per studiare e approfondire i singoli aspetti, vuole creare un filo diretto con la sezione SAI della SLC CGIL, visto il bisogno sempre più forte di sentirsi rappresentati, come parte di una categoria di lavoratori.

Nella campagna “Tiriamo fuori la voce” le attrici e gli attori recitano alcuni versi de L'infinito, di Leopardi, senza emettere alcun suono. Ma non c’è un problema di audio (come svelano i cartelli mostrati in video): è la denuncia metaforica del silenzio assordante da parte di un ministero dal quale non si sentono ascoltati. Centinaia di attori, volti noti e meno noti, hanno aderito alla campagna, che continua anche in questi giorni, con l’obiettivo di raccogliere sempre più video messaggi di adesione.