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Fino al 4 giugno, la Casa della Solidarietà Stefano Rodotà a Roma ospita la mostra Madri Costituenti - Le 21 donne che aprirono la strada. Ventuno donne che avevano fatto la Resistenza, partecipando attivamente, conoscendo carcere, confino, esilio, venendo alcune deportate nei campi di concentramento nazisti. A loro, e alla loro presenza nell’Assemblea Costituente, si deve l’inserimento nella Carta di alcuni princìpi fondamentali: l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini; la parità tra uomini e donne in ambito lavorativo e nell’accesso ai pubblici uffici; fino alla concezione del voto come dovere civico di tutti i cittadini. La mostra è stata realizzata da un’idea del Coordinamento donne Anpi di Terni, in collaborazione con Cgil Roma e Lazio, Rete Numeri Pari, Transform Italia.
Elisa Sermarini, Casa della Solidarietà, che valore ha per voi ospitare questa mostra?
Nasciamo all'interno di un bene confiscato alla criminalità organizzata che pratica, appunto la solidarietà. Ma come ci ha insegnato Stefano Rodotà, la pratica non vuol dire mera carità, ma è uno strumento per costruire nuovi spazi di democrazia. E se parliamo di democrazia, non possiamo che parlare di Costituzione e di donne, le grandi assenti nel dibattito. Questo è uno spazio attraversato, invece, da tante donne, molte giovani che usufruiscono dei nostri servizi. Molte di quelle passate in questi giorni hanno visitato la mostra, ci hanno confidato che per loro è stata una scoperta di storie che non conoscevano. Noi proviamo a rimettere al centro i valori, i pensieri, le idee, in un'epoca in cui sembra che sognare, immaginare, praticare un’alternativa sia vietato. Ma per fortuna non possono vietarci di pensare e di immaginare.
Da dove provengono i materiali della mostra?
Sono diversi i soggetti promotori, perché sull’idea solidarietà noi ci fondiamo di nome e nei fatti, per cui teniamo molto allo scambio reciproco e al rafforzamento delle relazioni sui territori. Noi siamo a Roma, nel quartiere di San Lorenzo, ma questa mostra arriva dall'Umbria, dal grandissimo lavoro fatto dal Coordinamento donne dell’Anpi di Terni. Di solito viaggia molto nelle scuole, con l'obiettivo di consegnare la memoria di queste ventuno donne che hanno fatto la storia a ragazze che hanno più o meno l'età che avevano loro quando hanno iniziato a muovere i primi passi nella politica. Vedere come le giovani rispondono a questi stimoli è spiazzante: nella maggioranza dei casi non hanno nessuna idea di chi fossero queste donne che hanno contribuito in modo così significativo alla costruzione della vita politica del nostro paese.
Pensiamo a tutte quei principi presenti nero su bianco nella Costituzione, ma che sono lettera morta. Si pensi alla parità salariale, per esempio.
Assolutamente, è il caso della parità salariale, ancora lontana. O all’ingresso delle donne in magistratura, già previsto dalla Costituzione ma reso concreto solo all’inizio degli anni 70. Sono solo due degli esempi delle moltissime cose già scritte sulla Carta e ancora non del tutto realizzate. E se andiamo ad analizzarle con un’ottica di genere, gli esempi si moltiplicano. Uno dei tre appuntamenti che abbiamo realizzato si intitola “Fondata sul lavoro delle donne”: sappiamo che oggi le persone più colpite da disoccupazione e precarietà sono giovani, donne e persone migranti. Spesso queste tre macrocategorie si uniscono tutte proprio nei corpi femminili.
Una cosa interessante su cui il percorso della mostra fa riflettere è che le madri costituenti rifiutarono categoricamente l’uso del plurale sovraesteso nella Costituzione. Eppure oggi le categorie del linguaggio, del femminile e del maschile sono ancora al centro del dibattito.
Sì, sono rivendicazioni allora di una forza e di un’attualità dirompente, che poi pian piano sono state sistematicamente depotenziate. La mostra nasce proprio per rimettere al centro, in occasione dell'80º anniversario della Liberazione dal regime fascista da parte dei partigiani e delle partigiane, la figura delle donne che hanno contribuito nella fase costituente della Repubblica. Ventuno donne raccontate da una prospettiva diversa, che hanno partecipato alla lotta di liberazione ognuna a suo modo, e poi sono entrate nell'Assemblea Costituente e, ognuna con il suo percorso, hanno contribuito a cambiare il corso della storia. Alla mostra abbiamo accompagnato un ciclo di incontri, con l’obiettivo non solo di fare memoria, ma anche di attualizzare queste storie. Ci siamo interrogati su cosa ancora oggi possiamo imparare dalle battaglie che hanno fatto, per aprire strade che tutt’ora non riusciamo pienamente a praticare.
Proprio a tal proposito, iniziative come questa mostra servono a colmare quelle pagine bianche che ancora esistono sui libri rispetto a questo pezzo così importante della nostra storia. Perché ancora tutte queste pagine vuote?
Purtroppo è la stessa storia che viene insegnata nelle scuole a rimuovere questo capitolo. Sembra che l'Italia sia nata tutta intorno a un tavolo, si tende ancora a minimizzare certi passaggi storici che invece sono stati fondamentali. La lotta partigiana non è assolutamente valorizzata all'interno dei programmi scolastici, è come se il suo insegnamento fosse ancora demandato alla coscienza sociale, politica e culturale dei singoli docenti. L’altro aspetto riguarda la necessità di fare un lavoro attraverso la costruzione di una controcultura diversa dall’operazione di rimozione storica di cui sono responsabili capitalismo e patriarcato. Oggi più che mai nel nostro paese si prova a rinnegare fatti storici giganteschi, figuriamoci la storia di ventuno donne che non si vede l'ora di emarginare.