Nel 1938 Mario Rigoni Stern si arruola, giovanissimo, volontario alla scuola centrale militare di alpinismo di Aosta. Alpino nella divisione Tridentina combatte durante la Seconda guerra mondiale sul fronte greco - albanese ed in Unione Sovietica. “Non vi è stata una guerra più giusta di questa contro la Russia sovietica - diceva al momento dell’inizio delle ostilità -  sì, questa guerra che facciamo è come una crociata santa e sono contento di parteciparvi, anzi fortunato”. Ma gli indottrinamenti del regime fascista cadono durante la disfatta e la ritirata degli alpini dalla Russia. 

“I russi erano dalla parte della ragione - affermerà anni dopo il rientro in Italia - e combattevano convinti di difendere la loro terra, la loro casa, le loro famiglie. I tedeschi d'altra parte erano convinti di combattere per il grande Reich. Noi non combattemmo né per Mussolini, né per il Re, ma per salvare le nostre vite. (…) Il momento culminante della mia vita non è stato quando ho vinto premi letterari, o ho scritto libri, ma quando la notte dal 15 al 16 sono partito da qui sul Don con 70 alpini e ho camminato verso occidente per arrivare a casa, e sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo, e riuscire a partire dalla prima linea organizzando lo sganciamento, quello è stato il capolavoro della mia vita”.

Fatto prigioniero dai tedeschi dopo la firma dell’armistizio di Cassibile (3 settembre 1943), Mario rifiuterà di aderire alla Repubblica sociale di Mussolini e sarà deportato come IMI in un campo di concentramento (durante la prigionia terrà un diario dove annoterà le sue esperienze in guerra). 

Tornato in Italia comincerà al lavorare al catasto del Comune di Asiago, lasciando l’incarico negli anni Settanta per motivi di salute dedicandosi completamente alla scrittura (dopo aver scritto il suo primo romanzo Il sergente nella neve, che diventa un classico della letteratura moderna italiana, e che narra, autobiograficamente, la storia di un gruppo di alpini italiani durante la ritirata di Russia, nel 1962, scrive Il bosco degli urogalli diventando la relazione tra memoria e natura l’essenza delle sue opere. Altri libri noti: Storia di Tönle, 1978, L’anno della vittoria, 1985, Le stagioni di Giacomo, 1995).

Per la sua sensibilità verso il mondo della natura e della montagna - negli anni ’70 è in prima fila nell’opera di sensibilizzazione contro la cementificazione dell’Altopiano e partecipa alle iniziative del Gruppo Salvaguardia Sette Comuni che contrasta la miope gestione del fenomeno turistico in quegli anni - l’11 maggio del 1998 l’Università di Padova gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze forestali e ambientali, il 14 marzo del 2007 l’Università degli studi di Genova quella in Scienze politiche.

Il 20 gennaio di quell’anno Mario invia una lettera all’Anpi di Treviso. 

Cari Compagni sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino 'cum panis' che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. È molto più bello Compagni che 'Camerata' come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche di 'Commilitone' che sono i compagni d’arme. Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere. Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione. All’erta Compagni! Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza. Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e Resistenza sempre.

Resistenza sempre.