Porto di Marsiglia. Gli operai in tuta da lavoro sono riuniti intorno a una grande urna. Michel (Jean-Pierre Darroussin) estrae delle palline che corrispondono a dei nomi: sono quelli che perderanno il posto. In un clima di silenzio e tensione, Michel estrae anche il suo nome. È tra coloro che andranno a casa. Nell'apertura de Le nevi del Kilimangiaro (Les Neiges du Kilimandjaro, 2011) di Robert Guédiguian c'è una delle scene più simboliche sugli effetti della crisi scoppiata nel 2008: un gruppo di operai portuali, con una lunga tradizione alle spalle, è costretto a subire dei tagli e allora decide di tirare a sorte, mettendo tutti sullo stesso piano, senza privilegi, tanto che il rappresentante sindacale (Michel, appunto) inserisce il suo bussolotto nell'urna e perfino “si estrae”. È lui che licenzia se stesso. Vista la sua età matura, andrà in prepensionamento.

Siamo nella Marsiglia di Guédiguian, cineasta simbolo della città – corrispondenza in pellicola di quello che Jean-Claude Izzo fu per la letteratura -, che ha dedicato tutta la sua filmografia alla descrizione dei deboli e poveri, attraverso storie metaforiche ambientate principalmente nel suo centro. Nato nel 1953 a L'Estaque, una delle zone più popolari, quartiere del piccolo porto circondato da fabbriche, di dichiarata militanza comunista, il regista ha sempre messo il lavoro al centro della sua riflessione. Anche oggi quando, in molti suoi film, aleggia un senso di malinconia del passato dovuta al tramonto degli ideali di ieri che sono ormai svaniti; questo, tra i personaggi maturi e i più giovani, apre spesso uno scontro generazionale proprio per l'incapacità di comprendersi e parlarsi, dato che – come qui accade – le ultime generazioni ritengono le precedenti “privilegiate” per il solo fatto di aver ottenuto i diritti più elementari (come il contratto o la pensione) che ad essi mancano.

Il Michel di Darroussin racchiude le convinzioni dello stesso regista: è un uomo del Novecento, formato nelle battaglie per i diritti e sull'impegno nel movimento operaio, come segnalano chiaramente gli adesivi del sindacato di sinistra Cgt che campeggiano nel suo ufficio. Cresciuto sul principio di uguaglianza, ora non riesce a sottrarsi al sorteggio, malgrado il collega e amico Raoul (Gérard Meylan) affermi chiaramente: “Potevi non mettere il tuo nome nell'urna”. Michel non la pensa così, ha una visione morale coerente con i principi di gioventù. Ma il mercato è crudele e sulla sua ambiguità Guédiguian costruisce il racconto; seppure in prepensionamento, Michel festeggia i trent'anni di nozze con sua moglie Marie-Claire (Ariane Ascaride) e riceve in dono una somma in denaro insieme a due biglietti per una settimana in Tanzania. La coppia viene però derubata: mentre trascorrono una tranquilla serata con gli amici, Raoul e sua moglie Denise (Maryline Canto), subiscono una violenta irruzione di uomini mascherati, che prima li maltrattano e poi sottraggono i soldi del regalo.

Guédiguan inscena la quotidianità di un uomo privato dell'impiego, dopo decenni passati a lavorare: le giornate di Michel scorrono placidamente, ma senza niente da fare, costruisce un gazebo per il figlio, frequenta i nipotini ma non riesce a riempire le giornate dedicate al lavoro portuale. Scherzando al telefono con l'amico, in una “battuta seria”, gli propone di fare uno scambio: vuole andare lui al cantiere al suo posto, perché non è troppo anziano per la pensione, è ancora in salute e vuole continuare a lavorare. Tra le righe, dunque, emerge l'annoso tema dell'impiego del tempo delle persone che si ritrovano senza lavoro, a cui il francese Laurent Cantet dedicò un film, A tempo pieno, il cui titolo originale è proprio L'emploi du temps, "l'impiego del tempo". Il marsigliese lo suggerisce in modo lieve, senza insistenze perché ama il suo personaggio, ma tenendolo sempre presente e affidando la flebile traccia a un dialogo tra Michel e la moglie: lui non beve, non ha vizi, eppure con la giornata vuota c'è la tentazione di farsi un bicchiere.

A ribaltare totalmente il racconto interviene una svolta fondamentale che gli dona nuovo senso. In una linea di casualità e coincidenze, Michel riesce a scoprire chi l'autore dell'irruzione a casa sua: Christophe, giovane operaio che ha perso il posto, il cui nome è stato estratto proprio dal protagonista. Quando lo segue fino alla sua abitazione, realizza che il ragazzo vive in un quartiere popolare ed è costretto a badare a due fratellini, vista l'assenza di entrambi i genitori. Michel si reca al commissariato e lo denuncia, provocandone l'arresto, ma subito dopo viene tormentato da un dubbio etico: Christophe è in difficoltà, molto più di lui, ovviamente ha sbagliato ma ora rischia quindici anni di reclusione, con conseguenze gravissime soprattutto per i due bambini lasciati soli. In uno dei momenti più intensi del racconto, Guédiguian organizza un confronto tra Michel e Christophe. I due vengono chiusi in una stanza dal commissario per parlarsi. Il giovane contesta al più maturo una serie di privilegi, tra cui la copertura sindacale e la possibilità del prepensionamento, mentre i lavoratori di oggi non vedranno nulla di tutto questo. Giovani e anziani non si capiscono e si innesca una guerra tra poveri di tutti contro tutti...

Guédiguian tratteggia una situazione complessa ma si conferma regista umanista: nei dubbi dei personaggi c'è la difficoltà a capire il contemporaneo, il dolore di non orientarsi oggi, davanti allo spietato cambiamento e in assenza delle bussole che lo regolano. Nel finale, con un gesto di fiducia, un ruolo decisivo viene assegnato alle figure dei bambini che saranno gli adulti di domani. Si spiega così la metafora contenuta nel titolo, a proposito delle nevi del Kilimangiaro: i protagonisti non andranno più in vacanza in Tanzania, si faranno rimborsare il viaggio ottenendo indietro i soldi che saranno necessari per la cura dei minori. I veri animali esotici si trovano nelle spiagge di Marsiglia. Nella ripresa dei bagnanti marsigliesi, paragonati agli animali dello zoo (dalla giraffa agli ippopotami), c'è il profondo atto d'amore di Guédiguian verso la città e i suoi scorci, inquadrati da lui come prima erano dipinti da Cézanne.

Le nevi del Kilimangiaro è uno dei grandi film sulla crisi, su come sopravvivere al tempo della disoccupazione senza perdere il vincolo della solidarietà. Nei giorni del Covid-19, in questa “crisi nella crisi”, l'attualità del suo racconto si fa sempre più stringente. Il film è disponibile su RaiPlay in streaming gratuito.