PHOTO
Nel libro Raccontare la cura (Futura editrice, 16 euro), Laura Marzi considera la cura come un atto di potere, ma anche come una relazione in cui coesistono l’amore e il disgusto, l’odio e la tenerezza, la fatica e l’orgoglio, in cui sentimenti nobili si avvicendano ad altri spaventosi. Per questo la cura è un oggetto di studio così scivoloso, soggetto spesso a interpretazioni sentimentalistiche o tacciato di essenzialismo, perché il care, come dicono le esperte francesi citate in questo testo, ha conseguenze intime e politiche, sociali e domestiche.
![](https://images.collettiva.it/view/acePublic/alias/contentid/ZjA2NzBhNzAtZjJiNS00/0/layout-1.webp?f=3x2&q=0.75&w=3840)
![](https://images.collettiva.it/view/acePublic/alias/contentid/ZjA2NzBhNzAtZjJiNS00/0/layout-1.webp?f=3x2&q=0.75&w=3840)
Di conseguenza, l’approccio di studio deve essere pluridisciplinare: solo un’analisi che sappia tenere insieme paradigmi diversi può riuscire nel tentativo di fornire una cornice teorica ampia al bisogno universale di cura e garantire per le care workers un posizionamento politico e simbolico adeguato.
Il racconto si muove dai care studies e approda alla critica letteraria, dimostrando l’importanza di integrare le problematiche della cura negli studi letterari e rimettendo in causa, in modo critico, la distinzione tra finzione e realtà: nella letteratura infatti si trovano spesso le risposte agli interrogativi sociali più complessi. L’esempio narrativo in questione è Slow Man di J.M. Coetzee, perché in quest’opera dello scrittore sudafricano premio Nobel emergono l’aspetto perturbante della cura, le dinamiche di potere da cui è investita, ma anche le discriminazioni di genere di cui sono vittime caregiver e scrittrici.