Il 12 giugno 1942, giorno del suo tredicesimo compleanno, Anna Frank riceve in regalo un quaderno a quadretti dalla copertina rossa - Kitty - al quale la ragazzina decide di raccontare, come a una persona reale, le sue riflessioni e i suoi pensieri. 

A Kitty racconterà la sua interiorità di adolescente, gli screzi con i compagni di prigionia, i suoi sogni e le sue speranze di diventare una scrittrice.

“Spero che ti potrò confidare tutto - scriveva - come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che sarai per me un gran sostegno”.  

Il diario, ritrovato dal padre Otto, unico della famiglia sopravvissuto ai campi di concentramento e di sterminio, sarà pubblicato e tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, diventando un’importante testimonianza della Shoah.

“Per alcuni giorni non ho scritto nulla - scriveva Anna ignara di quello che sarebbe successo e di quello che quel diario sarebbe diventato - perché prima ho voluto riflettere un poco su questa idea del diario. Per una come me, scrivere un diario fa un curioso effetto. Non soltanto perché non ho mai scritto, ma perché mi sembra che più tardi né io né altri potremo trovare interessanti gli sfoghi di una scolaretta di tredici anni”.

Il 1° agosto del 1944 la ragazzina scrive il suo ultimo appunto; poi verrà catturata dai nazisti e portata via. 

Destinazione Auschwitz. 

Il viaggio in treno dura tre giorni che Anna, e più di mille altre persone insieme a lei,  trascorrono stipati in vagoni per il trasporto di bestiame, senza cibo né acqua. 

All’arrivo ad Auschwitz i medici nazisti selezionano chi può eseguire il pesante lavoro forzato e chi no. 

Circa 350 persone dal convoglio di Anna vengono uccise nelle camere a gas subito dopo il loro arrivo. 

Anna e la sorella Margot vengono selezionate per i lavori forzati e trasferite pochi mesi dopo a Bergen-Belsen dove contraggono il tifo esantematico. Moriranno entrambe nel febbraio del 1945.

Kitty rimarrà così per sempre fermo a quel 1° agosto 1944:

“La cara Anna non è dunque ancor mai comparsa in società, nemmeno una volta, ma in solitudine ha quasi sempre il primato. Io so precisamente come vorrei essere, come sono di dentro, ma ahimè, lo sono soltanto per me. E questa è forse, anzi, sicuramente la ragione per cui io chiamo me stessa un felice temperamento interiore e gli altri mi giudicano un felice temperamento esteriore. Di dentro la pura Anna mi indica la via, di fuori non sono che una capretta staccatasi dal gregge per troppa esuberanza. Come ho già detto, sento ogni cosa diversamente da come la esprimo, e perciò mi qualificano civetta, saccente, lettrice di romanzetti, smaniosa di correr dietro ai ragazzi. L’Anna allegra ne ride, dà risposte insolenti, si stringe indifferente nelle spalle, fa come se non le importasse di nulla, ma ahimè, l’Anna quieta reagisce in maniera esattamente contraria. Se ho da essere sincera, debbo confessarti che ciò mi spiace molto, che faccio enormi sforzi per diventare diversa, ma che ogni volta mi trovo a combattere contro un nemico più forte di me. Non lo sopporto; quando si occupano di me in questo modo, divento prima impertinente, poi triste e infine rovescio un’altra volta il mio cuore, volgendo in fuori il lato cattivo, in dentro il lato buono, e cerco un mezzo per diventare come vorrei essere e come potrei essere se… se non ci fossero altri uomini al mondo”.