Lo Statuto sociale dei lavoratori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative è il disegno di legge presentato dai parlamentari del Pd Matteo Orfini e Francesco Verducci, che ha già nel nome l’ambizione di essere rivoluzionario. “Il testo presentato, però- non rende onore al nome” commenta la Slc Cgil che lo giudica, al contrario, pericoloso. Tra gli obiettivi principali dello Statuto c’è quello di regolare gli aspetti previdenziali, cercando di uniformare un contesto per sua natura frammentario, dal punto di vista dei contratti.

Nello spettacolo, essere atipici è la norma. Secondo l’indagine “Io sono cultura 2018 – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, solo poco meno del 30% dei lavoratori iscritti al fondo previdenziale dedicato sono dipendenti a tempo indeterminato. Il 50% ha rapporti di lavoro a tempo determinato e il 20% rapporti di lavoro autonomo.

Per la segretaria nazionale della Slc Emanuela Bizi, “sono molto preoccupanti alcune proposte, perché minano i diritti dei lavoratori. Rischioso che la norma preveda l’estensione a tutti i lavoratori autonomi della possibilità di pagarsi da soli i contributi". Per il sindacato potrebbe trattarsi di un vero e proprio autogol. Attualmente, infatti, i committenti sono obbligati a pagare i contributi previdenziali anche ai lavoratori autonomi. “Una solida salvaguardia – prosegue Bizi- in un settore poco incline a rispettare regole e diritti”. Spesso accade già che i lavoratori siano costretti, da circostanze lavorative non proprio a rigor di norma, a doverseli versare da soli. Oppure a dover scegliere, con uno sforzo di fantasia. tra la paga oggi e i contributi domani.

“Le misure indicate non sono un deterrente contro gli abusi, anzi aprono una via maestra per scaricare sui lavoratori gli obblighi e le responsabilità che oggi sono chiaramente in capo alle imprese. La via intrapresa dal sindacato va nella direzione opposta ed è quella delineata nella proposta di legge Gribaudo- Carbonaro, che ha tra gli obiettivi quello di definire in maniera più netta il perimetro del lavoro autonomo, per evitarne le strumentalizzazioni. “Dobbiamo scoraggiare il ricorso all’intermittenza invece che incentivarlo – spiega Bizi – ecco perché nel contratto nazionale degli scritturati abbiamo previsto che questa soluzione contrattuale costi il 40% in più. Con questo disegno di legge la contrattazione viene depotenziata”. Da tempo il sindacato chiede il riconoscimento della figura del lavoratore dello spettacolo, sulla falsariga del modello francese. Non intermittente, a progetto, determinato, ma una categoria nuova e unica, il cui riferimento più prossimo sia quello dello stagionale (nel senso delle stagioni teatrali).

L’altro aspetto dello Statuto che preoccupa il sindacato è il rischio di allargare a tutto il settore dello spettacolo la possibilità di utilizzare il contratto a termine. L’opzione, infatti, tenterebbe anche quelle imprese che lavorano nei già pochissimi contesti in cui la regola (sempre meno rispettata) sono i rapporti di lavoro stabili. Nelle fondazioni lirico-sinfoniche e in Rai ci sono lavoratori precari che aspettano da anni di essere stabilizzati. “Da moltissimo tempo chiediamo al servizio pubblico e all'emittenza l’applicazione del contratto degli stagionali e si sono sempre rifiutati. Così perderemmo definitivamente la battaglia”.

Per la Slc, lo Statuto rischia di indebolire i forti e annientare i deboli fotografando l’esistente, piuttosto che interpretare la complessità di un settore fragile e frammentario.