Il 12 febbraio 1924 viene dato alle stampe a Milano, in Via Santa Maria alla Porta nei pressi di Corso Magenta, il primo numero de «l’Unità», ‘quotidiano degli operai e dei contadini’ (con la fusione tra comunisti e socialisti terzinternazionalisti a partire dal numero del 12 agosto 1924 il sottotitolo muta in ‘organo del Partito comunista d’Italia’). Nella lettera al Comitato esecutivo del Pcd’I attraverso la quale veniva proposta la fondazione del giornale Antonio Gramsci scriveva il 12 settembre 1923 da Vienna:

Cari compagni, nella sua ultima seduta il Pres. ha deciso che in Italia sia pubblicato un quotidiano operaio redatto dal CE al quale possano dare la loro collaborazione politica i terzinternazionalisti esclusi dal PS. Voglio comunicarvi le mie impressioni e le mie opinioni a questo proposito.

Credo che sia molto utile e necessario, data la situazione attuale italiana, che il giornale sia compilato in modo da assicurare la sua esistenza legale per il più lungo tempo possibile. Non solo quindi il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito, ma esso dovrà essere redatto in modo che la sua dipendenza di fatto dal nostro partito non appaia troppo chiaramente. Dovrà essere un giornale di sinistra, della sinistra operaia, rimasta fedele al programma ed alla tattica della lotta di classe, che pubblicherà gli atti e le discussioni del nostro partito, come farà possibilmente anche per gli atti e le discussioni degli anarchici, dei repubblicani, dei sindacalisti e dirà il suo giudizio con un tono disinteressato, come se avesse una posizione superiore alla lotta e si ponesse da un punto di vista «scientifico». Capisco che non è troppo facile fissare tutto ciò in un programma scritto; ma l’importanza non è di fissare un programma scritto, è piuttosto nell’assicurare al partito stesso, che nel campo delle sinistre operaie ha storicamente una posizione dominante, una tribuna legale che permetta di giungere alle più larghe masse con continuità e sistematicamente.

Io propongo come titolo L’Unità puro e semplice, che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale, perché credo che dopo la decisione dell’Esec. All. sul governo operaio e contadino, noi dobbiamo dare importanza specialmente alla questione meridionale, cioè alla questione in cui il problema dei rapporti tra operai e contadini si pone non soltanto come un problema di rapporto di classe, ma anche e specialmente come un problema territoriale, cioè come uno degli aspetti della questione nazionale. Personalmente io credo che la parola d’ordine 'governo operaio e contadino' debba essere adattata in Italia così: 'Repubblica federale degli operai e dei contadini'. Non so se il momento attuale sia favorevole a ciò, credo però che la situazione che il fascismo va creando e la politica corporativa e protezionistica dei confederali porterà il nostro partito a questa parola d’ordine. A questo proposito sto preparando una relazione per voi che discuterete ed esaminerete.

Se sarà utile, dopo qualche numero, si potrà nel giornale iniziare una polemica con pseudonimi e vedere quali ripercussioni essa avrà nel paese e negli strati di sinistra dei popolari e dei democratici che rappresentano le tendenze reali della classe contadina e hanno sempre avuto nel loro programma la parola d’ordine dell’autonomia locale e del decentramento. Se voi accettate la proposta del titolo L’Unità lascerete il campo libero per la soluzione di questi problemi e il titolo sarà una garanzia contro le degenerazioni autonomistiche e contro i tentativi reazionari di dare interpretazioni tendenziose e poliziesche alle campagne che si potranno fare: io d’altronde credo che il regime dei soviets, con il suo accentramento politico dato dal partito comunista e con la sua decentralizzazione amministrativa e la sua colorizzazione delle forze popolari locali, trovi un’ottima preparazione ideologica nella parola d’ordine: Repubblica federale degli operai e contadini”.

Nonostante le intenzioni di Gramsci dal 12 febbraio 1924 - primo giorno di pubblicazione - al 31 ottobre 1926 - giorno in cui esce l’ultimo numero legale - l’Unità subisce ben 146 sequestri nazionali (23 nel 1924, 77 nel 1925, 46 nel 1926). Il giornale ha inoltre due periodi di sospensione: dal 13 al 16 gennaio 1925 e dal 10 al 22 novembre dello stesso anno in conseguenza dell’attentato a Mussolini, opera di Tito Zamboni. La vita legale del quotidiano è appesa a un filo e dopo numerosi arresti, sequestri ed irruzioni della polizia, nell’autunno 1926 il governo ne sospenderà ufficialmente le pubblicazioni.

Il 27 agosto 1927, dalla francese sede di Rue d’Austerlitz, uscirà il primo numero dell’edizione clandestina. Dal 1934 al 1939 la diffusione subisce una battuta d’arresto e diventa man mano meno intensa, ma con lo scoppio della guerra e la lotta nazifascista, il giornale prende nuova vita. Con l’arrivo degli alleati, dal 6 giugno 1944 riprende a Roma la pubblicazione ufficiale del giornale che uscirà dalla clandestinità, dopo quasi vent’anni, il 2 gennaio 1945.

Al termine di una storia recente a dir poco travagliata, nell’aprile 2018 il Tribunale di Roma disponeva la messa all’asta - poi sospesa - della testata. “Chi avrebbe mai immaginato che una testata così bella e importante finisse all’asta?  - scriveva Pietro Spataro - Chi avrebbe mai immaginato che quel nome così forte - l’Unità - che per molti è stata un simbolo di lotta e di riscatto, un nome da esibire in faccia ai prepotenti, da difendere dagli attacchi, da far circolare durante la clandestinità sotto il fascismo o da mostrare durante le manifestazioni facesse questa fine? Eppure è accaduto”.

Così come è accaduto il 25 maggio 2019 che il quotidiano tornasse in edicola per un solo giorno, pubblicando un numero per evitare la decadenza della testata. Ed è accaduto pure a mettere la firma sotto il titolo immaginato in quel settembre del 1923 dal leader del Pci sia stato Maurizio Belpietro, già direttore de Il Giornale e oggi alla guida de La Verità. C'era una volta la Repubblica federale degli operai e contadini. C'era una volta l'Unità di Gramsci.