Sono passati dieci anni dalla Cop21 che ha dato vita all’Accordo di Parigi del 2015. È un patto imperfetto, che però ha fissato un obiettivo importante: prevenire sconvolgimenti ecologici, economici e sociali su scala planetaria riducendo le emissioni di gas serra su base volontaria e limitando il riscaldamento globale a 2°C e, idealmente, a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali.

53 miliardi di tonnellate

A tal fine i Paesi hanno concordato un processo iterativo di promessa e revisione (stocktaking) che va a scadenza alla Cop30. A livello globale, le emissioni serra sono aumentate del 10 per cento dal 2015, raggiungendo nel 2024 circa 53 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.

Le temperature medie globali hanno continuato ad aumentare e il mondo sta assistendo agli impatti estremi previsti: incendi, tempeste, inondazioni e siccità. Si stima che uragani disastrosi come Melissa abbiano quadruplicato la loro probabilità a causa del riscaldamento globale.

Molti Paesi stanno agendo sia attraverso misure di mitigazione, come l'uso di energia pulita, che attraverso investimenti finanziari per adattarsi e prepararsi a un clima che cambia nonostante le politiche negazioniste messe in atto negli Stati Uniti, la più grande economia mondiale e il secondo più grande emettitore, che si è ritirato dall'accordo di Parigi.

Pochi impegni e troppo deboli

Il segretariato Un per il clima che monitora lo stato delle politiche nazionali, sta raccogliendo i nuovi piani d'azione (Ndc). Tre quarti dei 64 piani analizzati affrontano anche l'adattamento e la resilienza. Circa il 90 per cento dei piani presentati ha fissato obiettivi di emissione a livello dell'intera economia.

Gli impegni sono però ancora troppo pochi e troppo deboli per raggiungere gli obiettivi di Parigi, anche se si considerano gli obiettivi annunciati, ma non formalizzati (Cina, Ue, etc,).

Contando tutto, entro il 2035 si ridurrebbero le emissioni rispetto ai livelli del 2019 di circa il 10 per cento, ben lontano dalla riduzione di circa il 60 per cento necessaria per limitare il riscaldamento a 1,5 °C in questo secolo.

Finanza climatica insufficiente

Con l'Accordo di Parigi, legalmente vincolante, i Paesi a basso e medio reddito hanno accettato per la prima volta di essere soggetti alle stesse regole di quelli più ricchi, ai quali resta l’obbligo dell’assistenza monetaria e tecnica sia nella mitigazione che nell'adattamento.

I Paesi a basso reddito stanno facendo la loro parte, prendendo impegni e redigendo piani dettagliati di sviluppo sostenibile, ma il flusso di finanza climatica promesso da tempo è stato gravemente insufficiente. Alla Cop29 è stato fissato un nuovo obiettivo di 300 miliardi di dollari di finanza pubblica all'anno entro il 2035, e 1,3 trilioni di dollari di pubblico-privato. Come arrivarci, sarà il punto all'ordine del giorno a Belém.

Un’idea di riforma

Sempre più spesso delegati e osservatori si chiedono se le Cop, che ora attraggono più di 50 mila persone, siano il luogo giusto per accelerare l'azione per il clima. Alla Cop30 si parlerà di riforma. Un'idea è quella di integrare le Cop sul clima all'interno dell'agenzia ambientale (Unep) per aiutare a tagliare i costi.

Per ora la realtà è che la conferenza della parti è l'unico spazio in cui i rappresentanti di tutto il mondo possono prendere la parola ed elaborare le complesse questioni climatiche. Più di ogni altra cosa, alla Cop30 è necessario un forte segnale che i governi manterranno la rotta, nonostante i crescenti venti politici contrari.

Passare all’azione

Il messaggio degli scienziati resta chiaro: tutti devono agire e farlo in fretta e i governi devono trovare il modo di rafforzare i loro impegni. La Cop30 è stata soprannominata la Cop dell'attuazione per una buona ragione. Le regole e il quadro dell'accordo di Parigi sono ormai completate.

Sono stati istituiti meccanismi e strutture per gestire tutto, dalla finanza e dall'adattamento, ai meccanismi basati sul mercato e ai danni derivanti dagli impatti già causati dal riscaldamento globale, perdite e danni (loss and damage). Ora si tratta di passare finalmente all’implementazione.

Toni Federico, comitato scientifico Fondazione per lo sviluppo sostenibile