"Nei giorni scorsi la stampa di Viterbo ha messo in risalto la notizia delle trattative tra sindacato e Telecom Italia con particolare attenzione alla sede del 187 della nostra città. Ritengo siano doverose alcune precisazioni". Così, in una nota, Pompilio Amatucci, segretario provinciale di Slc Cgil. "Gli accordi del 27 marzo 2013 a cui si fa riferimento - continua - prevedevano, oltre a svariate misure orientate all’aumento della produttività, la chiusura di 47 sedi di lavoro del Caring Services (non  52 come riportato dalla stampa) compresa la sede di Villanova a Viterbo del 187.

Nella verifica effettuata nel 2014, prevista dagli accordi del 2013, si è accertato un risparmio dichiarato dall’azienda di 60 milioni di euro. A partire da questo dichiarato risparmio il sindacato unitariamente ha chiesto il superamento della societarizzazione e l’abbandono dell’idea di chiudere tutte le 47 sedi. Con queste proposte avevamo raggiunto l’obiettivo di cancellare le chiusure di molte sedi salvando non solo Viterbo ma anche Rieti e Frosinone e svariate altre sedi in tutta Italia. Il lungo confronto con il sindacato non ha però trovato Telecom Italia disponibile a un accordo sulla  produttività, su un concreto progetto di formazione e aggiornamento e sulle vere ragioni dei costi di un settore sempre più soggetto a delocalizzazioni e gare al massimo ribasso".

"Per affrontare tale problema, - aggiunge - Telecom propone il superamento dell’articolo  4, legge 300 (statuto dei lavoratori) e dell’art. 57 del Contratto delle Telecomunicazioni con un utilizzo di controlli a distanza “personalizzati al singolo lavoratore”: ecco nascere quindi il controllo e la registrazione delle singole chiamate in tempo reale e differito, il controllo dei tempi della risposta, delle pause tra una chiamata e l’altra, della qualità della risposta attraverso la registrazione della risposta stessa, e periodici esami di “maturità”, anche mensili, del lavoratore con i propri superiori e i responsabili del personale. Un controllo di tutta l’attività lavorativa ovvero una pressione costante e continuativa. Niente di tutto questo si è mai visto prima d’ora in nessuna azienda del settore delle telecomunicazioni. Ci troviamo ben oltre ogni possibile mutamento dello statuto dei lavoratori e delle regole previste dalle legge e dal contratto delle telecomunicazioni".

"Per questa ragione - dice ancora Amatucci - la Slc Cgil ha rigettato l’accordo mentre altre organizzazioni sindacali hanno dato la loro disponibilità a un'intesa che prevede simili intollerabili controlli. A seguito della disponibilità di questi sindacati l’azienda si è sentita autorizzata a indire un referendum modello Pomigliano su un ipotetico accordo non firmato da nessuno né tantomeno siglato dalla maggioranza delle RSU, quindi al di fuori dalle regole del 10 gennaio 2013.

Tutto questo rappresenta in realtà un ricatto: “O votate si, oppure si procede alla societarizzazione”. Una consultazione del genere non è un vero referendum perchè estorce un consenso che niente ha a che fare con la democrazia".