Secondo i sindacati venerdì saranno almeno 15 mila i lavoratori del settore bancario che scenderanno in piazza in segno di protesta contro la disdetta del contratto nazionale decisa dall'Abi, l'associazione delle banche. Una protesta promossa dietro le parole '#sonobancario al servizio del paese' - con quattro grandi manifestazioni: a Milano, Ravenna, Roma e Palermo - “a sostegno del diritto del rinnovo al contratto nazionale di lavoro”. Le stime più ottimistiche si spingono a prevedere numeri "molto più alti" per la manifestazione, la seconda in poco più di un anno, con otto-diecimila persone attese in corteo solo a Milano. Le manifestazioni saranno quattro, come si diceva, e a queste parteciperanno anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e quello della Uil, Carmelo Barbagallo.

A Milano il corteo partirà alle 9.45 davanti alla sede dell'Abi, per arrivare in piazza Scala dove si terranno i comizi del segretario generale Susanna Camusso e del segretario generale della Fabi, Lando Sileoni. A Roma i lavoratori saranno in «sit in» a piazza dell'Esquilino con Barbagallo e il segretario generale della Fiba, Giulio Romani. Gli altri due cortei saranno a Ravenna, con il segretario generale della Fisac Agostino Megale, e a Palermo, guidato dal segretario generale della Uilca Massimo Masi. 

Dal 1° gennaio 2015, i 309.000 dipendenti delle banche italiane si trovano senza contratto nazionale. Pronti alla mobilitazione sono anche i 37.000 lavoratori delle banche di credito cooperative, dopo che Federcasse non ha rinnovato gli accordi di secondo livello.

"Siamo di fronte a due fatti di estrema gravità – ha spiegato giorni fa il segretario generale della Filcams Cgil, Agostino Megale –: il primo, che Abi ha ripetutamente disdettato il contratto, scaduto il 31 dicembre, per poi comunicare per lettera che comunque dal 1° aprile, in assenza del rinnovo, il ccnl non esisterà più. Tale atteggiamento trova in parte riscontro analogo nelle stesse bcc, per quanto riguarda la disapplicazione degli accordi territoriali dal 1° febbraio. Nell'ultimo incontro con Abi sono emerse pregiudiziali sul costo del lavoro, in particolare su scatti di anzianità e tfr, oltre alla negazione da parte della controparte di aumenti legati alla tutela del potere d'acquisto reale, ma anche su temi dell'area contrattuale, dove 60.000 persone rischiano il posto. Perciò, le trattative si sono interrotte e attraverso una campagna di assemblee stiamo lanciando lo sciopero generale di categoria organizzato per il 30 gennaio, che vedrà una risposta straordinaria di partecipazione, come già avvenuto in occasione dell'agitazione del 31 ottobre. Il nostro obiettivo è quello di riconquistare il contratto e far fallire le operazioni di Abi e delle altre controparti tese in fondo a usare una sponda politica che vuol mettere in discussione il ruolo del sindacato per far saltare proprio i contratti nazionali di lavoro".

"Quella nostra - riocorda Megale - è una storia importante, fatta di concertazione, con una governance delle parti in grado di garantire soluzioni equilibrate dei problemi. Indubbiamente, la crisi che nasce proprio dal sistema della finanza americana e inglese alla fine colpisce paesi deboli come l'Italia, ad alto debito pubblico, dove anche i banchieri, incapaci di immaginare come se ne esce, alla fine, di fronte alla casa che brucia, pensano che la soluzione sia quella di colpire il lavoro, mettendo in discussione le architravi delle relazioni, ovvero i contratti nazionali. Quei dirigenti commettono un errore e manifestano una forte miopia: bisogna correggerla, perché le relazioni industriali, capaci di difendere beni comuni come il ccnl e la contrattazione, continuano ad avere un valore in quanto sono portatori di soluzioni, anche magari dopo un conflitto. Auspico che ciò sia possibile anche stavolta".