Nel cuore dell'Europa c'è una vera e propria guerra che coinvolge non solo l'Ucraina, ma l’intero continente, con ricadute sulla vita quotidiana di tutti. Non solo per le violenze, i lutti, le distruzioni, ma anche per gli sconquassi economici che determina. L'Unione europea ha esteso fino al 31 gennaio 2016 le sanzioni contro la Russia in scadenza a fine luglio, con le facilmente immaginabili ricadute sulle nostre economie.

Intanto, la tensione tra Stati Uniti e Russia non è mai stata così alta come negli ultimi mesi. Torna la Guerra Fredda. Il Pentagono è pronto a dispiegare mezzi pesanti in vari paesi dell'Est europeo e del Baltico; le nazioni che ospiteranno gli armamenti saranno 7: Estonia, Lituania, Lettonia, Bulgaria, Romania e Polonia, oltre alla Germania di Angela Merkel. Per tutta risposta, Putin ha già fatto sapere che sta adottando delle contromisure, ovvero ulteriori dispiegamenti di missili nucleari e che in risposta “non potrà che aumentare” il numero di soldati e mezzi bellici dispiegati nelle proprie regioni occidentali e nel territorio dell’alleata Bielorussia.

Un quadro che definire preoccupante è poco, nell’ambito del quale l’Ucraina sprofonda verso il collasso economico, in un contesto fatto di equilibri fragili, dove con chiarezza è emersa l'assenza delle istituzioni europee, in particolare di Lady Pesc, l’italiana Federica Mogherini. A rendersi visibile, ma per breve tempo, è stata solo la diplomazia della cancelliera Merkel, passata per gli accordi di Minsk del 31 gennaio, dove con Francia, Ucraina e Russia ha cercato, senza successo, di definire punti di accordi condivisi.

E invece l'Ucraina avrebbe bisogno di interventi immediati da parte dell’Europa. Un paese vasto, oltre 600 mila chilometri quadrati, in Europa secondo solo alla Russia, popolato da 46 milioni di persone. Dal giorno dell'addio all'Urss e della proclamazione dell'indipendenza (agosto del 1991) è stato un continuo saliscendi: la transizione verso un’economia “libera” ha incontrato mille difficoltà: interne, con la divisone del paese tra i filo-occidentali di Juscenko e della rivoluzione arancione e i filo-russi di Janukovic. Ma anche esterne, per la collocazione geopolitica dell'Ucraina, in bilico tra Est e Ovest.

Da un lato, l'espansione dell'Unione europea, che dopo Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, ha associato le tre Repubbliche baltiche (Lettonia, Lituania, Estonia); dall'altro, la Russia di Putin, che costruisce la sua Unione doganale economica euroasiatica – un'area di libero scambio tra gli ex Stati sovietici – con la Bielorussia di Lukashenko, il Kazakhstan di Nazarbaev, l'Armenia, forse la Georgia, che qualche tempo fa ha voltato pagina con l'elezione a presidente di Georgy Margvelashvili, meno ostile a Mosca del suo predecessore Mikhail Saakashvili (passato da ex presidente georgiano a governatore di una regione ucraina, quella di Odessa).

L’Ucraina si è ritrovata così in mezzo alla competizione tra Ue, Stati Uniti e Russia, con l'Europa sempre più debole, paralizzata dai vari interessi nazionali e schierata in difesa delle banche e delle politiche di austerità, ancora priva di una visione comune in politica estera – e non in grado di offrire molto, senz'altro molto meno degli aiuti russi, cospicui e concreti.

Sta di fatto che oggi in Ucraina la situazione economica è terribile e il tenore di vita non è nemmeno paragonabile a quello dell'epoca comunista. Il Pil pro capite è più basso di 25 anni fa e il reddito dei 46 milioni di cittadini è cresciuto più lentamente rispetto a quello dei bielorussi, che vivono sotto un regime autoritario. Per dare un metro di misura, 25 anni fa il reddito pro capite della Polonia era paragonabile a quello dell'Ucraina, oggi è quasi il quadruplo.

La fragile economia ucraina ha subito un crollo soprattutto a causa del calo nella domanda di acciaio e delle esportazioni, un sistema bancario inefficace, poca flessibilità dei tassi di cambio con la grivna – la moneta nazionale – ancorata al dollaro americano e super svalutata, oltre 80 miliardi di dollari di debito, piena dipendenza energetica dalla Russia. Senza contare l'alto livello di corruzione, che nella speciale classifica dell'agenzia Transparency Internazional di Berlino colloca l'ex Repubblica sovietica al 144° posto su 177 paesi esaminati. Come se tutto ciò non bastasse, la guerra ha peggiorato ogni cosa, con le risorse dirottate sullo sforzo militare.