Sabato 21 ottobre il mondo dell’associazionismo scende in piazza, a Roma, per una manifestazione nazionale contro la xenofobia. L’iniziativa "Giustizia ed eguaglianza contro il razzismo" è stata promossa da un cartello di associazioni laiche e religiose, forze politiche e società civile. Il corteo parte alle 14.30 da piazza della Repubblica e si conclude a piazza Vittorio.

“Scenderemo in piazza – sottolineano gli organizzatori – per dire che non accettiamo la riduzione dei diritti, a cominciare da quelli dei migranti, che ci opponiamo alle derive xenofoba e razziste che stanno prendendo piede nel nostro paese e nella Ue, agli accordi con i paesi di origine e transito dei migranti che, in cambio di soldi, si impegnano a bloccare chi tenta di scappare da un presente e un futuro di violenza e povertà prima che raggiunga le frontiere europee, rinchiudendoli in lager come quelli libici o rimpatriando le persone in paesi in cui non sono garantiti i diritti umani”. I promotori dell’iniziativa chiedono l’abolizione non solo della legge Bossi-Fini, ma anche delle “più recenti leggi discriminatorie Minniti-Orlando”, e domandano “canali di ingresso sicuri e legali, un sistema d’accoglienza che garantisca dignità e integrazione, una revisione dell’accordo che obbliga chi chiede asilo a fermarsi nel primo paese d’arrivo”.

La Cgil, “nel condividere le ragioni di tale iniziativa”, ha deciso di aderire a un appello a suo sostegno. Giuseppe Massafra, segretario confederale Cgil e tra i firmatari dell’appello, ricorda che la mobilitazione è “una tappa importante che si inserisce in un quadro di iniziative che stiamo promuovendo e continueremo a promuovere per allargare il fronte di adesioni di tutte le forze democratiche del Paese sul tema dei diritti dei cittadini migranti. Pertanto – spiega Massafra – l'appuntamento del 21 ottobre non rappresenta un punto di approdo della nostra azione, bensì una occasione ulteriore per sensibilizzare la cittadinanza sul tema”.

L’appello
“In un momento difficile della storia del paese e del pianeta intero – si legge nell’appello – dobbiamo decidere fra due modelli di società. Quello includente, con le sue contraddizioni, e quello che si chiude dentro ai privilegi di pochi. Sembriamo condannati a vivere in una società basata su una solitudine incattivita e rancorosa, in cui prendersela con chi vive nelle nostre stesse condizioni, se non peggiori, prevale sulla necessità di opporsi a chi di tale infelicità è causa. Una società che pretende di spazzare via i soggetti più fragili a partire da chi ha la ‘colpa’ di provenire da un altro paese, rievocando un nazionalismo regressivo ed erigendo muri culturali, normativi e materiali. Una società in cui il prevalere di un patriarcato violento e criminale è l’emblema evidente di un modello tradizionale che sottopone le donne alla tutela maschile e ne nega la libertà. Disagio e senso di insicurezza diffuso sono strumentalizzati dalla politica, dai media e da chi ha responsabilità di governo. Si fomentano odi e divisioni per non affrontare le cause reali di tale dramma: la riduzione di diritti, precarietà delle condizioni di vita, mancanza di lavoro e servizi”.

“Vogliamo attraversare insieme le strade di Roma il 21 ottobre – prosegue il documento – e renderci visibili con una marea di uomini, donne e bambini che chiedono eguaglianza, giustizia sociale e che rifiutano ogni forma di discriminazione e razzismo. Migranti, richiedenti asilo e rifugiati che rivendicano il diritto a vivere con dignità insieme a uomini e donne stanchi di pagare le scelte sbagliate di governi che erodono ogni giorno diritti e conquiste sociali, rendendoci poveri, insicuri e precari. Associazioni, movimenti, forze politiche e sociali, che costruiscono ogni giorno dal basso percorsi di accoglienza e inclusione e che praticano solidarietà insieme a migranti e richiedenti asilo, convinti che muri e confini di ogni tipo siano la negazione del futuro per tutti. Ong che praticano il soccorso in mare e la solidarietà internazionale. Persone nate o cresciute in Italia, che esigono l’approvazione definitiva della riforma sulla cittadinanza. Giornalisti che tentano di fare con onestà il proprio mestiere, raccontando la complessità delle migrazioni e prestando attenzione anche alle tante esperienze positive di accoglienza. Costruttori di pace mediante la nonviolenza, il dialogo, la difesa civile, l’affermazione dei diritti umani inderogabili in ogni angolo del pianeta e che credono nella libertà di movimento”.

“Vogliamo ridurre le diseguaglianze rivendicando, insieme ai migranti e ai rifugiati, politiche fiscali, sociali e abitative diverse che garantiscano per tutte e tutti i bisogni primari. Il superamento delle disuguaglianze parte dal riconoscimento dei diritti universali, a partire dal lavoro, a cui va restituito valore e dignità, perché sia condizione primaria di emancipazione e libertà. Chiediamo la cancellazione della Bossi-Fini che ha fatto crescere situazioni di irregolarità, lavoro nero e sommerso, sfruttamento e dumping socio-lavorativo”.

“Denunciamo l’uso strumentale della cooperazione – conclude l’appello – e le politiche di esternalizzazione delle frontiere e del diritto d’asilo. Gli accordi, quasi sempre illegittimi, con paesi retti da dittature o attraversati da conflitti; le conseguenze nefaste delle leggi approvate dal parlamento su immigrazione e sicurezza urbana che restringono i diritti di migranti e autoctoni (decreti Minniti-Orlando) di cui chiediamo l’abrogazione; le violazioni commesse nei centri di detenzione in Italia come nei paesi a sud del Mediterraneo finanziati dall’Unione europea. Veri e propri lager, dove i migranti ammassati sono oggetto di ogni violenza. Esigiamo che delegazioni del parlamento europeo e di quelli nazionali si attivino per visitarli senza alcun vincolo o limitazione. Chiediamo canali di ingresso sicuri e regolari in Europa per chi fugge da guerre, persecuzioni, povertà, disastri ambientali. Occorrono politiche di accoglienza diffusa che vedano al centro la dignità di chi è accolto e la cura delle comunità che accolgono. Politiche locali che antepongano l’inclusione alle operazioni di polizia urbana. E occorre un sistema di asilo europeo che non imprigioni chi fugge nel primo paese di arrivo”.