“Erdogan è davvero davanti a un bivio: o ripristina le libertà minime di associazione e libertà sindacale, avviando un processo di democratizzazione interna che è l'unico elemento per sconfiggere il terrorismo e le forze più radicali e violente, oppure questa spirale di violenza non avrà mai fine”. A dirlo è il responsabile delle politiche europee e internazionali di Corso d'Italia, Fausto Durante, commentando a Rassegna Sindacale la strage di Capodanno a Istanbul in cui sono morte 39 persone. La Cgil ha immediatamente espresso solidarietà e vicinanza ai sindacati turchi che, sottolinea Durante, “rappresentano l'opposizione democratica e sociale al governo di Erdogan. Il Disk e Kesk, le due principali forze di matrice sindacale, stanno tenendo viva la battaglia per il lavoro e per la libertà”.

La Cgil, da anni in stretto contatto con i due principali sindacati del Paese, ha confermato loro che “continuerà a battersi in ambito europeo e internazionale affinché i partiti e le organizzazioni dei lavoratori possano tornare a svolgere democraticamente la propria attività. Voglio ricordare – aggiunge Durante – che circa 15mila iscritti ai sindacati sono stati rimossi dal loro posto di lavoro dopo il presunto golpe. C'è stata anche una marcia pacifica da Ankara a Istanbul per chiedere giustizia e libertà per i sindacati”.

Nel frattempo il paese è finito in una spirale perversa. “Da un lato ci sono le attività repressive del governo, dall'altro le reazioni negative e sbagliate delle forze di rappresentanza del popolo curdo, da un altro lato ancora i movimenti radicali al confine con la Siria, sul crinale delle vicende che riguardano Daesh e il terrorismo integralista islamico. Una miscela esplosiva che Erdogan non è chiaramente in grado di controllare. I suoi propositi di normalizzazione attraverso la progressiva islamizzazione, l'uso di metodi autoritari e in qualche misura fuori dalla libertà democratica, non sta producendo risultati. Oggi la Turchia è una polveriera che a intervalli regolari produce morte e distruzione”.

Sullo sfondo c'è una gestione dell'Europa più che criticabile. “Nel caso della Turchia viene criticata a ragione, perché ha creduto di risolvere la questione dei rifugiati siriani con un accordo vergognoso, dando soldi in cambio della certezza di mantenere sul suolo turco i rifugiati diretti in altri Paesi: lavarsi la coscienza con un po' di euro non è degno della cultura liberale e democratica del Vecchio continente. E intanto sul fronte interno Erdogan continua ad arrestare i leader dell'opposizione, cosa che pochi mesi fa è toccata a dodici deputati della coalizione a forte presenza curda per la prima volta entrati in Parlamento”.

“Ridurre la libertà all'interno e procedere a una torsione democratica – conclude l'esponente della Cgil – di certo non mette il Paese al riparo da attentanti di proporzioni ormai gigantesche con un prezzo altissimo per la popolazione. Per questo la Turchia deve essere richiamata alle proprie responsabilità soprattutto dall'Europa, con la quale, non dimentichiamolo, ha in corso un negoziato per entrare nell'Unione. Non è con atteggiamenti pilateschi che si può risolvere una questione così complessa”.