“L’avvio da parte di Tim della procedura di cigs per riorganizzazione per 29.736 lavoratori è l’ulteriore atto di forzatura unilaterale messo in atto dall’azienda”. Ad affermarlo in una nota congiunta sono le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, che parlano di una “scelta sbagliata che, oltre a non aiutare a risolvere gli indubbi problemi che vi sono, alimenta un clima di lacerazione con i lavoratori, l’esatto opposto di quello che sarebbe utile per superare le difficoltà indotte da uno scenario difficile e complesso quale è quello in cui si trova a doversi misurare Tim”.

Secondo i sindacati, “lo scenario di trasformazione digitale impone un necessario cambiamento di Tim e in questo senso il progetto DigiTim è una necessità sulla quale però gravano drammaticamente i colpevoli ritardi e gli errori commessi negli ultimi anni (cambio di tre ad) durante i quali sono stati ripetutamente anteposti gli interessi a breve termine degli azionisti a scapito della capacità di innovazione compromettendo in tal modo il futuro industriale dell’azienda”.

“Il futuro di Tim riguarda tutto il Paese – insistono Slc, Fistel e Uilcom – e deve coinvolgere le istituzioni e la politica nel suo complesso e non può essere fondato su modalità unilaterali che non risolvono i problemi e alimentano lacerazioni e conflitto e su strategie che antepongono alla prospettiva industriale dell’azienda l’utilizzo improprio di strumenti per esclusive finalità di risparmio nel brevissimo periodo”.

Insomma, i sindacati respingono in maniera netta la scelta di Tim. “Occorre ora riaprire un confronto che affronti e risolva positivamente tutto l’insieme delle questioni presenti e riconsegni un clima di ordinarietà delle relazioni sindacali – conclude la nota delle tre sigle – tale da superare il metodo degli atti unilaterali che ha negativamente caratterizzato quest’ultimo periodo”.