“Sulle politiche degli appalti, Tim ha avviato un taglio dei costi che coinvolge tutti i fornitori, mettendo in discussione l’insieme della filiera e la stessa sostenibilità industriale dell’azienda". A denunciarlo in una nota congiunta sono le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil che chiederanno nelle prossime ore un incontro urgente al Mise per "denunciare gli atteggiamenti provocatori dell'azienda e le conseguenze che ne derivano sul piano industriale ed occupazionale della filiera". I sindacati delle tlc avvieranno inoltre "un confronto con le altre categorie che rappresentano gli altri lavoratori degli appalti per avviare una durissima mobilitazione con presidi sotto le direzioni generali dell’azienda a Roma e Milano".

In questi ultimi mesi - è la denuncia delle organizzazioni sindacali - Tim è "praticamente ferma sugli investimenti, sulle strategie industriali, sul rilancio del business" e registra "un peggioramento dei ricavi", con l’attenzione che "si è spostata sulla divisione del perimetro aziendale (societarizzazione della Rete), taglio degli organici, ulteriore riduzione dei costi industriali e blocco dei pagamenti ai fornitori, come ritorsione all’indisponibilità a rivedere i costi delle commesse dopo la lettera a loro inviata nella quale si chiede un taglio lineare tra il 10% ed il 20%".

Sulle politiche industriali, dopo il Cda del 6 marzo, si avvierà un confronto tra l’azienda e le organizzazioni sindacali, per acquisire i dettagli del piano industriale 2018 – 2020. "Sul taglio dei costi e il blocco dei pagamenti delle fatture ai fornitori esprimiamo tutto il nostro disappunto verso Tim che - scrivono ancora i sindacati - da quando è soggetta alla direzione e coordinamento da parte di Vivendi, ha smarrito l’etica sociale e d’impresa, mettendo in forte discussione la continuità aziendale delle ditte fornitici con il serio rischio di pesantissime conseguenze occupazionali".

Secondo Slc, Fistel e Uilcom, ci sono aziende che "in questi anni per far fronte agli impegni annunciati da Tim sulla fibra e sulla crescita dei clienti hanno sostenuto significativi investimenti sui sistemi di ingegneria di rete, apparati innovativi sul 4G e 5G, innovazione dei processi nei customer care, finalizzati agli interessi di Tim, investimenti oggi compromessi - affermano i sindacati - dalle speculazioni dell’azionista di maggioranza e da un management che non conosce le dinamiche del nostro Paese". 

Infine, Slc, Fistel e Uilcom stigmatizzano il comportamento di Tim come "in forte controtendenza rispetto al percorso preso dalle Istituzioni con le organizzazioni sindacali confederali e Asstel, che ha permesso di regolare il costo degli appalti pubblici di attività dei call center, fissando un costo minimo che rispetta il Ccnl, attraverso un decreto. "È evidente che la gestione degli appalti al ribasso ha prodotto soltanto effetti negativi - concludono i sindacati - per questo è necessario un cambio di paradigma fondato sul rispetto delle regole e dei contratti, sulla qualità e sulla trasparenza della filiera". 

La difficile gestione del piano industriale di Tim, con la societarizzazione della Rete, gli esuberi annunciati, l’eventuale utilizzo di ammortizzatori sociali non condivisi e l’incertezza del futuro, rischia di far deflagrare l’insieme della importante filiera dell'azienda, che vede occupati nel nostro Paese, direttamene nel gruppo 50.000 lavoratrici/lavoratori ed indirettamente altri 40.000.