Si sapeva che la trattativa su Ilva sarebbe entrata nel vivo nel momento in cui si fosse introdotto il tema dell'occupazione e così è stato. Purtroppo però il percorso si è interrotto subito, per la distanza enorme (4mila lavoratori) che esiste tra le posizioni di Mittal, l'azienda che ha rilevato il gruppo siderurgico e che vorrebbe assumere solo 10mila lavoratori, e quella dei sindacati Fim, Fiom e Uilm che hanno posto dal primo momento come condizione essenziale la permanenza al lavoro di tutti i 14mila dipendenti.

Si apre dunque una fase di tensione, che potrebbe culminare presto in uno sciopero del gruppo. Intanto, è stato già dichiarato lo stato di agitazione in tutto il gruppo: "Al termine degli incontri abbiamo unitariamente considerato che è ormai esaurita questa fase negoziale - spiega Francesca Re David, segretaria generale della Fiom Cgil - Senza una modifica delle posizioni di Arcelor Mittal su occupazione, salari e diritti per i lavoratori, la trattativa non può riprendere".

Nei giorni scorsi, infatti, la trattativa aveva già incontrato difficoltà sul salario, registrando grandissime distanze sul premio di risultato, poi oggi lo strappo sull'occupazione. "Arcelor Mittar ha ribadito la volontà di partire da 10mila lavoratori per arrivare a 8.500 nel 2023, mentre ovviamente l'occupazione va garantita a tutti i 14 mila dipendenti. Continuando a pretendere di tagliare salari, lavoro e diritti non si va da nessuna parte", commenta ancora Re David. 

A questo punto, nei prossimi giorni saranno convocate le assemblee per spiegare ai lavoratori quanto sta accedendo e le RSU definiranno le forme di mobilitazione. "Da oggi siamo in stato di agitazione e saranno programmate delle iniziative di sciopero che accompagneranno questa fase”, conclude la segretaria Fiom.