"Si stanno discutendo contemporaneamente, in modo completamente scollegato, diversi provvedimenti decisivi per il futuro della Rai. Gli stanziamenti da canone nella legge di bilancio, il contratto di servizio, una risoluzione della Commissione di vigilanza sulla pubblicità". Lo si legge in un documento congiunto della Fondazione Di Vittorio e della segreteria nazionale della Slc Cgil.

"La legge di bilancio - continua il testo - stanzia risorse per il canone fino al 2019, il contratto di servizio dura invece 5 anni ma prevede, per alcuni dei punti più rilevanti, tempi di scelta da 6 mesi ad 1 anno, ed entrambi i provvedimenti dovrebbero essere approvati entro quest’anno. Contemporaneamente, l’attuale cda scade a metà del 2018 e il nuovo entrerà successivamente in carica per 5 anni. Si delinea quindi una evidente sfasatura di tempi e modalità".

Il contratto di servizio prevede obblighi da parte della Rai che dovrebbero ovviamente essere legati alle risorse disponibili per tutti e cinque gli anni della sua validità. Attualmente però non si può che decidere fino al 2019.

"Tutto questo - dicono Fondazione Di Vittorio e  Slc Cgil -, al netto di considerazioni di qualità su quanto previsto nella bozza di contratto di servizio, ad esempio: chi e come verificherà i concetti di pluralismo non solo politico ma soprattutto sociale, l’equilibrio nella distribuzione e il monitoraggio qualitativo. Il contratto di servizio prevede, inoltre, che il piano industriale si basi sul canone disponibile e quindi non potrà prevedere una programmazione di interventi quinquennale, ma al massimo biennale se adottato dall’attuale Cda e ancor meno se adottato dal prossimo. E’ bene ricordare, dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse disponibili che, nel 2018 deve essere rinnovato il Contratto dei dipendenti Rai scaduto da 4 anni".

E’ evidente, quindi, che così "si creino i presupposti per una pericolosa indeterminatezza del futuro dell’azienda e per possibili ridimensionamenti delle attività produttive. Sarebbe stato più lineare e utile ripartire dall’esclusivo utilizzo del canone per la Rai. Invece, si è preferito individuare una posta “straordinaria” di 100milioni per il 2018 e 2019 per sopperire alle minori entrate, rinviando la determinazione dell’equilibrio finanziario del servizio pubblico. Un sistema che, di volta in volta, affida in modo non accettabile, la decisione ai governi. Mentre, è ancora possibile prevedere che, ogni anno, il Ministero dello sviluppo economico, stabilisca l’ammontare del canone di abbonamento per i successivi 5 anni".

"Occorre quindi modificare urgentemente, su questi aspetti, le norme in discussione e farlo in maniera omogenea e coerente", conclude il documento.