Cinque giorni sul tetto della provincia per protestare contro quattro mesi di mancato pagamento. Accade a Vibo Valentia in Calabria dove, dopo l'occupazione della locale provincia, circa trenta lavoratori da giorni e a turno sono accampati, giorno e notte, sul tetto dell'edificio per denunciare il collasso dei servizi e i mancati salari. Da mesi, anni, infatti si trascina il 'fallimento' economico e finanziario della provincia di Vibo, 'incancrenito' dalla legge Delrio, e dai successivi provvedimenti messi in campo per procedere nel processo di cancellazione delle province, a partire dalla legge di stabilità per arrivare al decreto enti locali. Intanto da inizio anno, dopo mesi passati con stipendi erogati a singhiozzo, i poco più di 370 dipendenti della provincia non percepiscono nulla per i servizi che, tra le mille difficoltà dettate dal processo di riordino, forniscono ai cittadini.

Una situazione difficile, punta dell'iceberg di una vertenza che vede impegnati da mesi i lavoratori e le lavoratrici delle provincie che temono, e vivono, rischi gravi per il loro lavoro e per i servizi che erogano ai cittadini. “Stiamo vivendo in queste ore una situazione molto delicata, non solo sul versante 'professionale' ma soprattutto sul lato umano: tante lavoratrici e lavoratori della provincia versano in condizioni disperate, tra bollette non pagate e pignoramenti in atto”, dice Alfredo Iorno, segretario generale della Fp Cgil Calabria, che aggiunge: “Due giorni fa, sul tetto, siamo arrivati ad un tentativo di suicidio, sventato con un intervento quasi miracoloso da un altro lavoratore”.

Al momento non pare ci sia una soluzione alle porte, al contrario. “La prospettiva per il resto dell'anno, a situazione vigente, è che vengano erogati altri due soli stipendi”, racconta Bruno Schipano, Rsu della Fp Cgil alla provincia. “Il disequilibrio economico finanziario dell'ente infatti - spiega Schipano - è determinato da un disavanzo di oltre 6 milioni di euro per l'anno in corso che è il frutto di entrate pari a 14 milioni e uscite obbligatorie di 20,5 milioni. Senza contare i 3,5 milioni per le spese ordinarie, quelle per esempio della manutenzione di strade e scuole, che non ci sono e i debiti della provincia verso fornitori e altri che si trascinano dalla situazione di dissesto ante 2013, pari ad una cifra tra 15 e 20 milioni di euro”.

Ma il tema, aggiunge Schipano, “non è solo il sacrosanto diritto allo stipendio ma anche l'erogazione dei servizi ai cittadini che si sta cancellando. Non protestiamo solo per il nostro stipendio noi protestiamo per la garanzia e il diritto ai servizi pubblici”. Sono i servizi, con i lavoratori, che si stanno cancellando. “Da mesi stiamo portando avanti una battaglia in difesa dei servizi pubblici, in difesa dei lavoratori che li forniscono, e contro chi vuole cancellarli, magari con l'intento di privatizzarli”, commenta infatti il segretario nazionale della Fp Cgil, Federico Bozzanca. “Situazione come quella di Vibo, così come quella della provincia di Biella, sono lì a dimostrarci che un processo di riordino senza alcuna logica, ma fondato solo sui tagli alle risorse, porta diritti ad una situazione di collasso del sistema inevitabile”.

Per denunciare questo stato, Cgil Cil e Uil di categoria hanno promosso un presidio nazionale lo scorso giovedì 25 giugno a Roma per chiedere un cambiamento al dl enti locali: “Non c'è niente in quel provvedimento che dia risposte a Vibo - precisa Bozzanca - per non parlare dei precari abbandonati al loro destino, la cancellazione della polizia provinciale e lo smantellamento dei centri per l'impiego. Il dl deve cambiare e per questo siamo mobilitati”. In attesa che il decreto avvii il suo percorso di conversione i lavoratori della provincia sono ancora sul tetto e nella sede, rivendicano una risposta, per il futuro del loro lavoro, per quello dei servizi ai cittadini.