“E’ urgentissimo che lo stato e l’Unione europea mettano mano a una legislazione speciale per i comuni coinvolti dall’immigrazione”. Così Luigi Ammattuna, sindaco di Pozzallo, nel suo intervento al comizio del Primo maggio 2015 organizzato da Cgil Cisl e Uil in piazza delle Rimembranze. “Lo Stato - ha detto - deve farsi carico della sia quota in termini di investimenti, infrastrutture, sostegno alle imprese. Spiace di dover prendere atto della rimozione della questione meridionale dal dibattito nazionale. Il Mezzogiorno è scomparso dal dibattito politico. La politica, il sindacato, le forze sociali devono riportare al centro il tema dello sviluppo del Sud. Non è pensabile - ha detto il sindaco - che l’Italia sia divisa in due. Se riparte il Mezzogiorno, riparte l’Italia.

Non possiamo non passare alle decine di operatori dei centri di accoglienza licenziati dopo l’avvicendamento delle cooperative che lo gestiscono, ai portuali, agli operatori del turismo. Chiediamo un intervento forte del sindacato per impedire la chiusura delle strutture turistiche.

Noi non ci tiriamo indietro, migliaia di persone in fuga da guerra e carestie non ci lasciano indifferenti. Quest’anno sono sbarcati 25 mila migranti a Pozzallo. E poi c’è la terribile contabilità dei morti. Rimane incisa nella mia memoria l’immagine dei 45 cadaveri arrivati nel porto. Io - ha detto Ammattuna - voglio essere il sindaco che accoglie uomini e donne, non il sindaco che accoglie cadaveri. Voglio essere il rappresentante dello Stato che ha nella sua carta costituzionale la regola del diritto d’asilo”.

Sono poi intervenuti tre delegati.

Giovanni Di Caro, operaio del settore agricolo di 41 anni
“Sono un bracciante agricolo. Ci metto la faccia per dire che nella nostra isola ci sono realtà positive: come la mia azienda florovivaistica. La mia azienda è un modello virtuoso che tutela il lavoratore, lo rispetta. Ci sono fasce di lavoro normali, non massacranti, ci sono attività ricreative e rispetto della sicurezza. Siamo un modello di efficienza e produttività proprio perché alla base c’è tutto questo: il rispetto dei lavoratori. Sentiamo l’azienda come una famiglia, siamo solidali tra colleghi: anche al Sud, dunque, c’è chi ha scelto di fare le cose per bene, in un’azienda sindacalizzata e attraverso la legalità”.

Giuseppe Currieri, un lavoratore del turismo
“Vengo da Ragusa. Ho 61 anni. Sono ancora un lavoratore per fare il mio dovere di uomo, marito e padre. La legge Fornero mi ha impedito di andare in pensione. Le lacrime sono state le mie, non quelle della signora ministro. Lavoro ancora, poche ore al giorno, ma vado avanti, non posso restare fermo. Il turismo, il mio settore, potrebbe essere la parte più ricca della nostra economia. Famiglie e giovani potrebbero vivere di questo settore. Dateci le strutture e noi siamo pronti a lavorare tutto l’anno, non solo a stagione. Non voglio sussidi e assistenza. Voglio che il mio lavoro venga garantito. Ma servono infrastrutture e collegamenti. Le strade servono ai lavoratori e ai turisti".

Samira, una lavoratrice tunisina del terziario
“Questa giornata di festa è la migliore occasione per parlare di migranti, lavoro e occupazione. Solo rispettando fino in fondo e con coerenza i diritti di tutti, nessuno escluso, possiamo dire che la cultura dello sviluppo e solidarietà farà la differenza. Pensiamo a tutti, i precari e gli esodati, i pensionati al minimo e i giovani privati del lavoro, i poveri di sempre e quelli nuovi. Pensiamo a tutti quelli che si dibattono nel dolore prodotto dalla grave crisi sociale del paese. Ci sono le nostre sorelle e fratelli migranti, che cercano un mondo migliore di rispetto e pace mentre fuggono dalla violenza dei loro paesi. Ai fratelli migranti morti in mare va il nostro pensiero e il nostro profondo cordoglio. Il Mediterraneo non può essere un cimitero. Dobbiamo costruire i diritti dei migranti nella società e sul posto di lavoro”.

(E.D.ND.O.)