Sciopero di otto ore, presidio al Mise e tavolo istituzionale. Un giorno importantissimo, questo 27 luglio, per i lavoratori della Perugina, scesi a Roma – con quattro pulmann – per chiedere una soluzione a una vertenza che va avanti da troppo tempo. I dati che arrivano da Perugia parlano di adesione totale all'agitazione. La richiesta essenziale è una: "Chiederemo il rispetto degli accordi e dei nuovi ammortizzatori sociali", affermano Flai, Fai e Uila regionali. Che aggiungono, insieme alle Rsu aziendali: “La Perugina non riguarda solo i lavoratori, ma la nostra comunità nella sua interezza. Abbiamo bisogno che la cittadinanza, le forze politiche, le istituzioni facciano muro contro il tentativo di Nestlé di cambiare le carte in tavola e assestare un colpo durissimo alla fabbrica simbolo di Perugia e del cioccolato in Italia”. 

“Abbiamo bisogno che la vertenza assuma il suo carattere naturale – spiegano Michele Greco (Flai), Dario Bruschi (Fai) e Daniele Marcaccioli (Uila), insieme ai rappresentanti Rsu, Luca Turcheria e Fabiano Rosini – che è quello di vertenza a carattere nazionale, finalizzata a chiarire le intenzioni di Nestlé verso il nostro Paese. Per questo – hanno aggiunto i rappresentanti dei lavoratori – chiederemo al governo d'intervenire su due fronti: richiamare la multinazionale al rispetto dell’accordo del 2016, che prevedeva il rilancio della fabbrica attraverso gli investimenti e non certo un taglio di 340 posti di lavoro, e mettere a disposizione gli strumenti necessari per la gestione dell’accordo stesso da un punto di vista sociale”.

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Secondo i sindacati, la variabile fondamentale in questo momento è il tempo. “Sgomberato il campo da interpretazioni fantasiose, rispetto a quello che è scritto nero su bianco nel piano che abbiamo sottoscritto con Nestlé un anno fa – hanno spiegato sindacati e Rsu –, dove si parla di riassorbimento degli esuberi pre accordo (circa 180) e d'impatto sociale zero del piano stesso, è evidente che gli investimenti di carattere tecnologico e le strategie di marketing, finalizzate all’incremento dell’export e alla controstagionalità, hanno bisogno di un periodo congruo per andare a regime. Ecco perché abbiamo bisogno di ammortizzatori sociali che coprano un periodo più lungo di quello previsto dall’attuale normativa, ridotto all'osso dopo l’entrata in vigore del Jobs act”.

Le soluzioni, secondo i confederali, ci sono, e vanno solo individuate e messe in campo. A quel punto, però, bisognerà chiedere a Nestlé di giocare a carte scoperte. È fin troppo chiaro, infatti, che la strategia della multinazionale è cambiata, per ragioni che esulano dalla mera vicenda Perugina: “Si tratta di dinamiche di livello mondiale – come le ipotesi di vendita dell'intero settore confectionery di Nestlé – che hanno portato il management europeo, e a cascata quello italiano, a rivedere la propria linea di azione, tentando – hanno spiegato Flai, Fai e Uila – di piegare l’accordo su Perugina ai propri interessi di breve periodo, cioè tagliare i costi fissi attraverso i licenziamenti”.

“Ma Perugia non si farà prendere in giro così”, hanno assicurato i rappresentanti dei lavoratori, ricordando che dopo anni di sostanziale disinteresse di Nestlé verso l’Italia, fu proprio la Rsu Perugina a smuovere le acque, presentando nel 2015 il 'Piano industriale degli operai', con proposte concrete sul rilancio della fabbrica e di Perugia come 'capitale mondiale del cioccolato'. Ebbene, sottolineano le tre sigle, da quella proposta è scaturito il piano, che non solo non prevedeva esuberi, ma, anzi, ne garantiva il riassorbimento attraverso 60 milioni d'investimenti. “Ora non aspettiamo altro che il rispetto di quegli impegni – hanno concluso sindacati e Rsu – e se servirà del tempo per realizzarli, bene, che si trovino gli strumenti per prenderci questo tempo. Di certo, non si può pensare che il rilancio della Perugina si faccia sulla pelle dei lavoratori. Questo, noi non lo permetteremo”.