"Abbiamo lanciato la campagna 'Stesso lavoro, stesso stipendio' perché crediamo nel principio della parità di trattamento, che oltretutto è di derivazione comunitaria. Un principio che rende il lavoro somministrato più tutelato, perché questa forma flessibile non può essere più vantaggiosa per i datori. C'è necessità di garantire a tutti lo stesso trattamento". Lo afferma il segretario generale del Nidil Cgil, Claudio Treves, ai microfoni di RadioArticolo1.

 

Riflettendo sulla situazione attuale, ha spiegato, "la prima forma di elusione è la contrattazione aziendale nella parte che riguarda il salario: come noto, se il contratto nazionale garantisce il primo livello, il secondo livello di contrattazione è collegato agli elementi di produttività e redditività dell'impresa. Ebbene, il lavoro somministrato - e altre forme atipiche - ha proprio come finalità quello di aumentare la produttività aziendale. Per i somministrati però il salario variabile molto spesso non viene erogato. A volte la formulazione degli accordi di secondo livello non è corretta: si può prevedere, per esempio, il premio di produttività indirizzato solo ai lavoratori a tempo indeterminato. Questo viola il principio di parità di trattamento".

Le forme di disparità sono varie. Il lavoro in somministrazione, per Treves, "viene utilizzato perché si sgrava l'azienda dal costo e fatica di formare i lavoratori. Questi arrivano già pronti, ma il più delle volte sono inquadrati al livello più basso possibile: al contrario, se risultano formati devono ovviamente essere inquadrati al livello giusto. A parità di mansione serve parità di retribuzione e parità di livello".

In Italia il peso dei somministrati è inferiore alla media europea, spiega il sindacalista, ma va considerato "che alcuni paesi sono fuori quota, perché la somministrazione è stata individuata nella storia come forma della flessibilità organizzativa, si pensi a Olanda o Gran Bretagna. Nel nostro paese, invece, la somministrazione è leggermente sotto il 2% dell'occupazione totale. Se guardiamo all'occupazione non a tempo determinato, il peso sale e si attesta sul 15-16%". I lavoratori somministrati italiani sono circa 40mila: "Sono persone in carne ed ossa - osserva Treves -, che si sono quadruplicate nel corso della crisi. Allo stesso modo sono aumentate le missioni brevissime e ripetute: nel concreto, molti lavoratori lavorano dal lunedì al venerdì e lo stesso venerdì vengono a sapere se lavoreranno lunedì", conclude.

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