Clima di tensione durante la protesta dei circa 200 pastori sardi bloccati nella mattinata del 28 dicembre dalle forze dell'ordine non appena sbarcati a Civitavecchia con cinque pullman. La loro intenzione era quella di trasferirsi a Roma, dove una loro delegazione avrebbe voluto incontrare i dirigenti del ministero dell'Agricoltura e poi fare una conferenza stampa per spiegare le ragioni della loro protesta. Di fronte al divieto di raggiungere la capitale è nato un parapiglia con alcuni scontri tra i pastori e le forze dell'ordine. Poi la situazione si è normalizzata, nonostante sia la stazione ferroviaria che l'area del porto siano rimaste ben presidiate. Dalla loro terra gli i pastori hanno portato pecorino e vino che sono serviti a improvvisare un pranzo al sole, nonostante la fredda giornata. Gli allevatori, molti dei quali con mogli e bambini al seguito, si sono divisi in piccoli gruppi, alcuni dei quali sono rimasti all'interno del porto.

"Siamo padri di famiglia, invece ci stanno trattando come criminali". E' più deluso che arrabbiato, Felice Floris, uno degli organizzatori della protesta. "Siamo venuti con intenzioni pacifiche - spiega - e invece continuano ad impedirci di muoverci. Stasera torneremo in Sardegna scortati dalle forze dell'ordine anche durante la traversata. E' una vergogna - aggiunge - siamo stati sottoposti a un vero e proprio sequestro preventivo, insieme ai pullman i cui autisti sono stati identificati e minacciati di denuncia se solo si fossero mossi. Non solo, successivamente ci hanno privati dell'elementare diritto di salire sui treni diretti a Roma. E pensare - conclude il leader del Movimento - che una nostra delegazione voleva solo proporre al ministero la costituzione di un Coordinamento mediterraneo dei paesi che praticano la pastorizia allo scopo di far fronte alle attuali normative che penalizzano pesantemente l'intera categoria".

Il comparto agro pastorale è sul piede di guerra da mesi. Gli allevatori del Movimento pastori sardi (Mps) chiedono contributi per il settore e lamentano che il prezzo del latte riconosciuto dagli industriali, ovvero 60 centesimi al litro, non è sufficiente a coprire i costi di produzione. Dalla Sardegna proviene il 60% del latte ovocaprino nazionale. La protesta è rivolta contro il governo, ma soprattutto contro la Regione, accusata di non avere mantenuto gli accordi siglati il lo scorso 2 novembre a Cagliari dopo giorni di occupazione del Consiglio regionale culminati con la guerriglia urbana che ha portato in carcere alcuni manifestanti.

Opposizione in Sardegna all'attacco del governo nazionale. 'Ancora una volta - denunciano in una dichiarazione congiunta Mario Bruno del Pd e Luciano Uras di Comunisti-Sinistra sarda-Rossomori - il Governo sceglie la via della repressione e non quella del dialogo. Ribadiamo che è sempre necessario, da parte di tutti, garantire la libertà di manifestazioni pacifiche e assolutamente non violente così come indicato dalla Costituzione italiana'.