“Il processo di riforma delle società partecipate non è fatto solo di società da ridurre. Se non si individuano strumenti per garantire occupazione e reddito per i lavoratori coinvolti, si rischia di determinare una grave questione sociale”. È quanto si legge nella memoria presentata da Cgil, Cisl e Uil nel corso dell’audizione presso la Commissione Affari istituzionali della Conferenza dei presidenti delle Regioni, tenutasi nella giornata di ieri.

“Alla luce delle modifiche intercorse al Dlgs 175/16 con l’ultimo decreto correttivo e della vicina intesa da raggiungere con le Regioni – spiegano nella memoria i confederali –, abbiamo forti perplessità circa le tutele occupazionali e reddituali, oltre a quelle inerenti la continuità dei servizi, che, nonostante le numerose variazioni susseguitesi nel tempo al primo schema di decreto attuativo della delega c.d. Madia, continuano a permanere anche nello schema di decreto correttivo del Testo Unico delle società partecipate”.

I sindacati sottolineano che “si tratta di un settore in cui sono impiegati numeri imponenti di addetti, il cui perimetro tuttavia continua a rimanere incerto. Il più recente Rapporto Mef 2014 ne individua 410.000”. Nello schema di decreto “continuano ad essere assenti specifiche e chiare forme di sostegno al reddito dei lavoratori dichiarati in esubero” e, in particolare, Cgil, Cisl e Uil denunciano “un grave vuoto normativo per quanto riguarda le tutele degli addetti di società sotto i cinque dipendenti (circa 2.300), una platea che si aggira sulle 8000 unità e che si troverebbe priva di ammortizzatori, salvo l’accesso alla Naspi. Una prima soluzione al problema potrebbe essere quello di ridurre il numero dei consiglieri, piuttosto che chiudere quelle società e mandare a casa 8.000 persone”.

“Non da poco, inoltre – aggiungono le tre sigle –, sono i dubbi circa il personale con contratto di lavoro non a tempo indeterminato, che rischia di essere tagliato fuori da qualsiasi processo di ricollocazione e dalle relative garanzie occupazionali”. Nella memoria si denuncia poi “l’evidente esclusione del sindacato” e “le scriventi propongono l’istituzione di una ‘cabina di regia’ nazionale e locale che, a fronte del necessario coinvolgimento delle diverse istituzioni interessate, possa gestire, attraverso una migliore cooperazione e un più immediato coordinamento, i processi di mobilità del personale. Governo e associazioni delle autonomie locali non possono escludere le confederazioni da un processo così impattante sui servizi ai cittadini e sulle sorti di centinaia di migliaia di addetti. Per questo, chiediamo di essere convocati con urgenza. Laddove ciò non dovesse avvenire decideremo le opportune iniziative sindacali da mettere in campo”.