Neanche 11 euro l’ora. È questa la paga media di un lavoratore a tempo determinato in agricoltura, ossia la stragrande maggioranza degli addetti (su un universo di un milione complessivo di addetti, impiegati in 187 mila aziende). A dirlo è il Rapporto 2017 dell’Osservatorio nazionale sulle dinamiche retributive degli operai agricoli realizzato dalla Fondazione Metes per conto della Flai Cgil, realizzato (con dati aggiornati al 30 settembre scorso) analizzando i 93 ambiti di contrattazione provinciale.

“È uno strumento fondamentale, non solo informativo, che ci consente di fare analisi utili a comprendere come le dinamiche salariali si sono evolute e s’inseriscono nell'economia del settore sui diversi territori” ha spiegato il segretario generale della Flai Cgil Ivana Galli: “Al momento sono stati sottoscritti 71 contratti provinciali di lavoro su un totale di 93, dunque ne rimangono ancora 22 da firmare entro dicembre di quest'anno. Con le altre sigle sindacali stiamo facendo un lavoro importante sulla contrattazione: questo rapporto, dunque, sarà estremamente utile anche in vista del rinnovo del Ccnl tra qualche mese”.

Notevoli sono le differenze salariali su base territoriale. Il valore più elevato si registra in Piemonte con 11,66 euro l’ora, mentre il più basso è in Basilicata, con 9,18 euro. Stessa dinamica per quanto riguarda gli operai a tempo indeterminato, dove il valore medio retributivo è di 1.362,36 euro mensili: nelle regioni del Nord è di 1.530,12 euro al mese, in quelle del Centro è di 1.181,11 euro. A livello provinciale il picco retributivo si registra a Mantova, con 14,18 euro l’ora, mentre ultima è Ascoli Piceno-Fermo con 6,33 euro. Per quanto riguarda i salari mensili medi degli operai agricoli a tempo indeterminato il valore più elevato è in Trentino Alto Adige, con 1.481,01 euro mensili, il più baso è in Campania, con 1.236,77 euro.

Il Rapporto evidenzia anche la crescita del ricorso alla manodopera di lavoratori immigrati in agricoltura, un ruolo che “già oggi appare di assoluto rilievo, e che probabilmente nel prossimo futuro diventerà addirittura cruciale per garantire la sopravvivenza di importanti comparti produttivi del made in Italy agroalimentare”. Nel 2011 i lavoratori migranti impegnati nel settore agricolo erano circa 126 mila, ovvero il 12,4 per cento del totale. “La dinamica degli anni recenti evidenzia la sensibile crescita del numero dei migranti e della loro quota rispetto al complesso dei lavoratori agricoli” spiega il documento: “In particolare, i lavoratori extra Ue trovano impiego in misura maggiore nelle colture ortive, soprattutto nella zootecnia. Inoltre, negli anni si rileva un incremento dell'impiego nelle attività agrituristiche e nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Recenti analisi hanno permesso di evidenziare il contributo fornito dai lavoratori stranieri alla formazione del reddito agricolo e alla competitività delle aziende agricole italiane”.