LECCE - I soldi (da soli) non fanno la felicità. E se a dirlo non è il vecchio adagio popolare, ma un team di studiosi ed esperti dell'Ocse, forse c'è da crederci. Da anni, ormai, il dibattito internazionale se ne occupa, evidenziando il divario tra quello che racconta il Pil e ciò che accade davvero nelle famiglie la cui ricchezza non cresce più, con la logica conseguenza di allontanare i cittadini dalle politiche pubbliche (in tutti i paesi Ocse la fiducia nei governi è diminuita). “Misurare ciò a cui si tiene per influenzare le politiche pubbliche e non fermarsi soltanto ai numeri, questa è la nostra sfida”. Lo spiega Romina Boarini, capo team del “Better Life Index” dell'Ocse, intervenuta a Lecce per le Giornate del Lavoro della Cgil con una lectio magistralis sul ruolo del lavoro nella valutazione del benessere.

Se ne parla dal 2009, da quando per andare oltre il Pil fu istituita la Commissione internazionale Stiglitz-Sen-Fitoussi. “In questi ultimi anni – afferma Boarini – le misure del benessere stanno emergendo nelle agende di alcuni governi. In Nuova Zelanda, ogni volta che si parla di una riforma viene studiato l'impatto sugli elementi del benessere. In Francia è recentemente passata una legge che obbliga il governo a presentare un rapporto annuale sugli indicatori di benessere. Iniziative analoghe sono state pensate in Finlandia e Germania. Nel nostro paese si studia il Bes, benessere ecosostenibile, ottimo da punto di vista statistico, tanto che il Cnel ne ha proposto l'utilizzo per il Documento di economia e finanza”.

Ma ovviamente il benessere è difficile da definire. “L'Ocse – spiega la studiosa – lo misura su due dimensioni: quantitativa, cioè tradizionale; qualitativa, guardando alle condizioni materiali come la soddisfazione che le persone dichiarano di avere. Tutto è misurato sulle persone e sulle famiglie, non sull'economia, e un focus importante è quello posto sulle disuguaglianze”. Dall'ultimo rapporto “Come va la vita?” emerge che tutti i paesi, anche quelli ricchi del Nord Europa, il Canada e la Svizzera, hanno punti di forza e debolezza. I più benestanti, ad esempio, denunciano alta insicurezza sul lavoro, scarsa salute, inquinamento, caro degli alloggi, alto tasso di omicidi. Quanto all'Italia, l'aspettativa personale di vita è tra le più alte dell'Ocse e la ricchezza finanziaria media risulta buona. Il tempo libero dei lavoratori full-time è superiore a quello medio, mentre per la sicurezza percepita siamo molto indietro.

“Tra i punti di debolezza – sottolinea – c'è proprio la disoccupazione di lungo periodo”. Sulla qualità delle retribuzioni l'Italia è a metà classifica. Quanto alla sicurezza del mercato del lavoro, “quello italiano è uno dei peggiori, preceduto solo Grecia e Spagna”. Infine, sulle condizioni lavorative e dell'ambiente di lavoro: “Misuriamo la tensione in tutti i suoi aspetti, di natura fisica ma anche di psicologica. In Italia un lavoratore su due è in condizione di tensione e nel resto dell'Europa la situazione non è molto più rosea”.