Piove pesantemente fuori dai cancelli della Nardi Spa, storica azienda metalmeccanica di San Giustino, provincia di Perugia, a un passo dal confine con la Toscana. I lavoratori, ombrelli alla mano, continuano lo sciopero arrivato ormai al quinto giorno, per chiedere molto semplicemente di avere quello che gli spetta, stipendi e arretrati che, nel migliore dei casi, ammontano ormai a quasi 4.500 euro. 

A quelli messi meglio manca parte dello stipendio di ottobre, tutto novembre, tutto dicembre e la tredicesima. Ma in molti casi ci sono anche altri arretrati e manca parte dei versamenti, anche quelli al Fondo Cometa. "Abbiamo finito l'aria nei polmoni – dice Marco Galletti, operaio Nardi e delegato sindacale della Fiom Cgil – perché veniamo da un anno di contratti di solidarietà e perché, sopratutto, ci hanno tolto la speranza nel futuro, visto che non ci sono prospettive che ci facciano intravedere un'uscita da questo buco nero in cui ci hanno infilati". 

La situazione della Nardi – oltre un secolo di storia, negli anni settanta la più importante azienda di produzione di macchine agricole d'Europa, con quasi mille dipendenti – sembra infatti fortemente compromessa. La famiglia storicamente proprietaria di marchio e stabilimenti dopo un lungo periodo di difficoltà ha ceduto l'azienda, ma non a un altro gruppo industriale, che avrebbe potuto tentare di risollevarne le sorti, quanto piuttosto a un fondo finanziario britannico. 

"Quando un fondo non industriale procede a una pesante ristrutturazione, come hanno annunciato i nostri nuovi proprietari – continua Galletti – il rischio è che l'obiettivo sia fare profitti attraverso l'alienazione dei beni aziendali. Per questo penso che la famiglia Nardi abbia una grande e grave responsabilità, quella di aver preferito di mettere l'azienda nelle mani della speculazione finanziaria piuttosto che vederla, chissà, rifiorire nelle mani di un altro imprenditore del settore". 

Così, per i quasi 100 lavoratori dell'azienda di San Giustino, le prospettive sono davvero incerte. "Solo una ventina di noi è in grado di agganciare la pensione nei prossimi tre anni, sperando che almeno gli ammortizzatori sociali possano tutelarci – conclude Galletti –, ma per altri, come me, la pensione è un traguardo irraggiungibile e il territorio non offre di certo grandi alternative. Questo è un fallimento della politica, che per anni, pur sapendo del lento declino di questa eccellenza industriale, ha taciuto, e con gli attestati di solidarietà che arrivano adesso ci facciamo davvero poco". 

Sulle responsabilità della politica insistono anche la Cgil dell'Umbria e la Camera del Lavoro di Perugia: "Siamo fortemente preoccupati, la vertenza Nardi rischia di essere l’ennesimo durissimo colpo per il nostro territorio - scrive il sindacato in una nota - Gli allarmi lanciati da tempo dal sindacato sono rimasti inascoltati dalla politica e la vecchia proprietà, dopo aver beneficiato per anni di aiuti pubblici e sostegni, ha potuto decidere senza alcuna opposizione di cedere questa fondamentale realtà industriale del nostro territorio ad un fondo finanziario britannico, la cui missione, come è ovvio, non è quella di fare industria e creare sviluppo in Umbria, ma quella di fare soldi per i propri azionisti. Insieme alle categorie Fim, Fiom e Uilm - conclude la nota - continueremo a batterci perché siano corrisposte al più presto tutte le spettanze arretrate ai lavoratori e perché la Nardi con i suoi 120 anni di storia possa avere un futuro in Umbria”.