È degli ultimi giorni la notizia di una maxi operazione anticamorra, a cavallo fra Campania ed Emilia Romagna, con notevoli sequestri di beni e arresti di alti dirigenti di banche a Bologna e nel ravennate. Un ultimo campanello d'allarme che mette in luce le modalità emiliane nelle attività mafiose, specie nell'ingente riciclaggio, col diretto coinvolgimento di "colletti bianchi".

Una cronaca che conferma le pesanti specificità del fare economia malavitosa nei nostri territori e che si inquadra nello studio approfondito e recente dell'Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università di Milano, che vede come direttore Nando dalla Chiesa” - commenta Franco Zavatti,  coordinatore Cgil Emilia Romagna per le sicurezze urbane e legalità nel territorio.

Si tratta di una ricerca molto documentata del 2017 dal titolo "Caratteristiche e modalità di gestione delle aziende criminali" nel Centro-Nord (Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, vol.3, n.1, 2017), analizza - per la prima volta - i numerosi dati a disposizione, comparando Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Triveneto, Toscana e Lazio. Lo studio si basa su 120 operazioni effettive di Polizia e Finanza al centro-nord, che hanno "consentito di individuare 643 aziende criminali ed accumulare 2.507 rilievi/contestazioni". In Emilia Romagna è ben evidente la concentrazione nelle aree di Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Rimini.

Una ricerca fondata sui fatti – continua la Cgil regionale -, che indica due possibili filoni: alcune caratteristiche comuni delle imprese connesse con la criminalità nelle regioni considerate, e altre specificità che invece distinguono le diverse nostre regioni al nord. “Nel primo filone, si riassumono tendenze d'impresa già in evidenza e, tra l'altro, al centro della costante attenzione del sindacato”: ditte sostanzialmente utilizzate per il riciclaggio, operanti in settori spesso ad "alta intensità di mano d'opera e con forte deregolamentazione" a danno dei tanti lavoratori, sfruttano il "vantaggio competitivo derivante dalla contrazione del costo del lavoro ed accentuata evasione".

Nel secondo filone di ricerca, invece, i risultati invece evidenziano "come non esista un'unica tipologia di azienda criminale", bensì una pluralità di forme, tali da consentire una più facile "mimetizzazione" nel territorio e nel sistema d'impresa. In ogni caso, sono dati che “confermano presenza e radicamento malavitoso che va oltre le ditte di costruzioni per coinvolgere, nell'ordine, immobiliare, commercio, attività professionali, trasporti, traffico dei rifiuti”, continua Franco Zavatti.

Dati e considerazioni – conclude la Cgil - non evangelici, ma utili per chiarire e specificare meglio i tanti possibili e non utili luoghi comuni sul merito della nostra locale economia illegale. Utili non solo per le indagini, ma certamente per le attenzioni del sindacato, il lavoro delle istituzioni territoriali e, soprattutto, per le associazioni di imprese e professioni, perché più che il bla bla sull'aumento delle pene, è più utile lavorare sulla consapevolezza sociale e per convincere chi sa a segnalare, raccontare, confessare”.