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Lunedì scorso la Jsw di Sajjan Jindal ha presentato l'offerta per la Lucchini, a ritirare le buste è stato lo stesso commissario Piero Nardi. Jindal è interessato ai laminatoi, agli impianti marittimi, con tutti i servizi connessi, a GSI Lucchini e alla Vertek. È mancata invece l'offerta di Arcelor Mittal, già proprietaria a Piombino della Magona. Ora l'iter è chiaro: il commissario spedirà entro la settimana l'intera documentazione alla commissione di sorveglianza del governo che entro un mese, se tutto è in regola, darà il via libera a Jindal. La Jsw avrà così sei mesi di tempo per presentare il piano industriale e aprire il tavolo di discussione con i sindacati.
L'offerta, che di fatto esclude l'area fusoria, non è certo delle più esaltanti, soprattutto dal punto di vista occupazionale, ma arriva alla vigilia dello stop della cokeria, dopo quello dell'altoforno. Un fondamentale punto di ripartenza, che però mette davanti ancora molte sfide. I contratti di solidarietà scadono ad aprile 2015, mese in cui Jindal dovrà presentare il piano industriale. Una parte degli operai passeranno alla Jsw, mentre per gli altri si dovranno trovare al più presto delle soluzioni. Nei giorni scorsi si sono tenute delle assemblee in fabbrica in cui i sindacati hanno illustrato l'offerta e spiegato agli operai cosa li aspetta.
Il momento è delicato, come ci spiega Luciano Gabrielli, segretario provinciale Fiom Cgil. “È una fase molto difficile. Ora l'intera forza lavoro sta condividendo la grave crisi in cui ci troviamo. Ma sarà inevitabile che si creino degli attriti quando una parte dei lavoratori sarà assunta dalla Jsw. Noi ci impegniamo già da subito a trovare soluzioni concrete: quando raggiungeremo un accordo sindacale con Jindal, questo sarà presentato nel corso delle assemblee e votato con un referendum vincolante. Ognuno deve avere chiaro il proprio percorso e avere precise garanzie, che dovranno poi essere rispettate. Dobbiamo ricostruire 4000 posti di lavoro e proprio per questo ci batteremo per la costruzione del Corex e del forno elettrico: speriamo di tornare a produrre acciaio a Piombino".
"È nell'accordo di programma e Jindal dovrà sicuramente prenderlo in considerazione; speriamo che mostri interesse verso il progetto, visto che ha anche a disposizione fondi europei e un nuovo porto che si candida a divenire polo di smaltimento d'eccellenza. Se poi il progetto non interessa, cercheremo altri soggetti pronti a scommettere su questa nuova tecnologia. Non abbiamo più bisogno di obiettivi da inseguire volta per volta, ma di una seria programmazione di sviluppo del territorio. Adesso è spuntata l'ipotesi di una centrale a carbone all'interno degli stabilimenti: è un'ipotesi percorribile, ma solo se saranno costruiti il Corex e il forno elettrico che necessitano di molta energia e hanno lo stesso tipo di alimentazione. Così come il polo di smaltimento, se non avrà alle spalle un impianto d'appoggio non sarà competitivo”.
È di questi giorni infatti la notizia che la B&S Global Energy, una newco riconducibile all'imprenditore Andrea Marini, ha presentato al commissario Nardi un progetto per costruire all'interno degli stabilimenti in disuso una grande centrale a carbone, dalla capacità di 900 MW. Con ricadute occupazionali di 500-600 addetti a regime e circa 1500 persone nei tre anni di costruzioni. Il progetto deve sempre essere studiato da istituzioni e parti sociali, ma sulla carta presenta molti lati positivi e lavorerebbe in sinergia con i nuovi impianti, abbattendo prima di tutto i costi energetici. Sembra che già grandi player internazionali siano interessati, ma le recenti esperienze passate portano ad usare cautela e tenersi alla larga da facili entusiasmi.
Senza dimenticare l'impatto ambientale di una centrale alimentata a carbone. Dopo che la Concordia è stata destinata a Genova (lunedì prossimo è prevista la partenza per il porto ligure) e Piombino ha visto sfumare una ricca opportunità, la città sembra comunque poter tornare a sperare. E soprattutto a combattere ancora per il proprio futuro.