Invecchiare non è un mero fatto anagrafico, come siamo ancora portati a pensare. L’età matura non è quello che ci resta da vivere, un periodo residuo, bensì una “costruzione sociale”, dove convergono idee, affetti, valori. Va quindi avanzato un diverso approccio culturale all’invecchiamento, ispirato al concetto di “arco della vita”: si inizia a invecchiare da giovani, così potremmo dire. È questo il centro della riflessione (e delle conseguenti proposte) lanciata da Auser, Anteas e Ada, assieme ai sindacati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, nel “Documento su invecchiamento attivo e solidarietà tra generazioni” presentato giovedì 8 novembre in un incontro nazionale a Roma.

Il 2012 è l’Anno europeo dell’invecchiamento attivo: obiettivo di associazioni e sindacati è farne un appuntamento vero, non rituale o riduttivo. Ma per farlo occorre anzitutto superare il classico approccio di tipo “lavoristico”, quasi che la “questione essenziale sia quella di ridisegnare le regole di pensionamento al fine di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro”. La questione, invece, non è questa: l’invecchiamento attivo è tema di ben altra ampiezza, che investe la vita nel suo insieme, come “continuum esistenziale”, senza dividerla in stagioni separate. Essenziale, allora, è la consapevolezza “che la qualità di ogni età della vita sia riposta anche sul modo in cui ci affacciamo ad essa, e che quest’ultimo dipende in misura cruciale dalle esperienze che già abbiamo vissuto”.

L’invecchiamento attivo, insomma, riguarda i “fondamentali” del modo in cui viviamo. Occorre allora rafforzare tutti i fattori di socializzazione e di coesione, investendo sulla famiglia (tenendo conto di tutte le sue modificazioni) e sulla comunità locale, e quindi sul welfare, sul terzo settore, sulla contrattazione sociale territoriale. Servono politiche adeguate a questo nuovo modo di vedere l’invecchiamento, che pongano attenzione, ad esempio, ai temi dell’educazione permanente per tutte le età, oppure al ruolo della ricerca e delle tecnologie per il mantenimento della qualità della vita degli anziani. “Si tratta di aprire – si legge nel documento – una prospettiva politica e sociale in cui alle persone che invecchiano siano riconosciuti dignità e diritti, a partire dal reddito, e in cui sia promosso il loro protagonismo attraverso la cittadinanza attiva come volontariato civico”.

I rapporti tra generazioni
Va rigettata la tendenza a impostare questo rapporto nei termini di contrapposizione tra giovani e anziani, favorendo invece un “nuovo patto di solidarietà” in grado di valorizzare tutte le età (e tutte le culture). Al centro debbono esserci le idee di “giustizia” e di “partecipazione”, le uniche in cui le diverse generazioni “possono re-incontrare la speranza e la fiducia”. Ma come fare? Il documento indica diverse aree di intervento, focalizzate sul lavoro e sulla sua uscita verso il pensionamento.

Occorre combattere, anzitutto, la precarietà giovanile. Questa va affrontata “sia con interventi sul mercato del lavoro sia con la predisposizione di una rete di ammortizzatori sociali”. I giovani di oggi saranno gli anziani di domani: è costruendo intorno a loro un sistema di sicurezze (reddituale, pensionistica ecc.) che ci assicureremo, quando arriverà il loro turno di mettersi a riposo, anziani attivi e propositivi. Parimenti va combattuta anche la precarietà degli over 50, espulsi dai processi produttivi o addirittura non assunti (donne, in particolare), gettati oggi “in percorsi privi di speranza, nella migliore delle ipotesi di tipo assistenziale”.

Vi è poi il tema del passaggio dal lavoro al pensionamento, su cui i sindacati indicano due possibili azioni. La prima è di carattere “oggettivo”: la prospettiva di un atterraggio “morbido”, di una riduzione progressiva del tempo di lavoro, che potrebbe anche intersecarsi con politiche attive del lavoro giovanile, dando vita a “originali esperienze di job sharing, tutoraggio, metà lavoro-metà pensione”. La seconda è sul versante “soggettivo”, cioè sulla messa in campo di veri e propri “supporti di preparazione al pensionamento, che in ogni caso costituisce un momento esistenziale delicato”. Andrebbe poi riservata attenzione anche a quanti vogliono continuare a lavorare dopo la pensione, semplificando “le modalità di contribuzione aggiuntiva e valorizzando le esperienze e le competenze di cittadini che ancora possono contribuire in modo attivo”.

Last but not least, il sistema pensionistico. Un tema vastissimo, su cui il documento indica linee-guida e perimetro per le riflessioni future. Occorre introdurre “maggiori elementi di flessibilità, di incentivazione e di formazione, orientati a far sì che il tempo di permanenza in attività possa aumentare”, magari prevedendo la possibilità di “collegare il prolungamento della carriera lavorativa alla fruizione, in precedenza, di congedi”. In generale, associazioni e sindacati osservano che la questione del sistema pensionistico, alla luce delle recenti riforme, non è affatto risolta, non tanto “sul piano della sostenibilità finanziaria, ma su quello della sostenibilità sociale, che tornerà a imporsi come questione cruciale quando le nuove regole dispiegheranno appieno i propri effetti”.

Gli anziani e il mercato
Gli anziani sono il “nuovo business”, il nuovo oggetto del desiderio di un mercato che propone loro viaggi, prodotti di bellezza, alimenti bio, in un’ottica giovanilistica e consumistica. Un approccio, spiega il documento, che non va negato ma ricalibrato, nel senso di promuovere l’idea di “un benessere commisurato alla propria età, sconfiggendo la tendenza ad alimentare la paura di invecchiare e a rifiutare i propri cambiamenti”. In questa chiave particolare attenzione va riservata alla ricerca e alle tecnologie. La progettazione innovativa di dispositivi e ausili vari può migliorare la salute e la qualità della vita di chi entra in percorsi di parziale, accentuata o totale non autosufficienza. Occorre quindi “aumentare gli investimenti destinati a individuare tecnologie e strumenti che possano sopperire alla perdita di funzioni vitali, per mantenere il più a lungo possibile l’autonomia funzionale delle persone”.

Il mondo del sapere
“Affermare il diritto ad apprendere lungo tutto l’arco della vita”, un obiettivo di primaria importanza per Auser e sindacati. Occorre sia valorizzare le attività oggi in campo grazie alle università popolari e della terza età (che però si rivolgono a chi è già interessato ad accrescere le proprie conoscenze), sia far emergere la “domanda debole”, quella cioè di tutti coloro che da giovani o da adulti hanno avuto meno occasione di studiare. Per farlo, il documento propone percorsi formativi e laboratori esperenziali che aiutino le persone a vivere bene e invecchiare in salute (centrati, ad esempio, su attività fisiche e giusta alimentazione), ad essere competenti e informati (uso di internet, conoscenza dei servizi pubblici, consumo intelligente, gestione del risparmio, sicurezza domestica e stradale), a conoscere e apprezzare le diversità, a utilizzare le occasioni culturali, a valorizzare “la memoria tramite i propri ricordi, ascoltando quelli degli altri, ricostruendo la storia dei mestieri, trasmettendola ai giovani come storia del proprio territorio”.

La cittadinanza attiva
Gli anziani sono una grande risorsa sociale e umana, va quindi valorizzato il loro protagonismo nella forma della cittadinanza attiva e del volontariato. Quando agiscono come membri dinamici della propria comunità territoriale il loro aiuto è prezioso: preservano beni comuni, si prendono cura di persone fragili, aumentano la coesione sociale.

Su questo terreno si registrano già esperienze promosse da associazioni e istituzioni locali, alcune Regioni si sono anche dotate di leggi che promuovono l’invecchiamento attivo come obiettivo strategico su cui investire. Un impegno civile e solidaristico che non riguarda però solo gli anziani, ma a cui “ci si educa e si viene educati lungo tutto l’arco della vita”.

Adesso però occorre un salto di qualità. La visione degli anziani “come forza lavoro di riserva, messa a disposizione delle amministrazioni per aiutarle a fronteggiare le loro difficoltà finanziarie, non è affatto superata”.
Due sono le proposte di associazioni e sindacati: la definizione di un ampio “programma nazionale per l’invecchiamento attivo, con la partecipazione di tutti gli attori istituzionali e sociali interessati” e la creazione di un “osservatorio sulla programmazione locale”, allo scopo di approntare un piano di intervento operativo (provvisto di tempi, modi e risorse necessarie per la realizzazione). Due obiettivi, conclude il documento, che possono stare dentro una “legge nazionale a sostegno dei percorsi di invecchiamento attivo”, che valorizzi il volontariato delle persone anziane, riconoscendo a chi si impegna a beneficio della propria comunità varie forme di incentivazione, “attraverso benefit costituiti da crediti sociali per la fruizione di opportunità culturali, ricreative, sportive, artistiche, e/o vouchers per l’accesso a beni e servizi regolati e corrisposti dai Comuni”.