"La risoluzione del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, in tema d'interruzione volontaria di gravidanza e obiezione di coscienza, non modifica la condanna definitiva del comitato europeo dei diritti sociali e l'Italia resta sotto osservazione fino al prossimo rapporto nazionale, che dovrà essere inviato al comitato nel 2017. Nel nostro Paese è accertata la violazione del diritto alla salute delle donne, del principio di non discriminazione e del diritto al lavoro e alla dignità sul lavoro dei medici non obiettori di coscienza: non ci si nasconda, è necessario rimuovere gli ostacoli alla piena applicazione della legge 194". Così Loredana Taddei, responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale, commenta il pronunciamento dei ministri europei, in merito alla decisione del comitato dei diritti sociali sul reclamo collettivo, presentato dal sindacato di corso Italia nel 2013.

"La risoluzione – spiega Taddei – non interviene sulla condanna al nostro Paese, ma s'inserisce nella procedura di monitoraggio successiva all’accertamento delle violazioni, riscontrate per la seconda volta in due anni, e il cui obiettivo è aiutare lo Stato a superare tale condizione. Dunque, i ministri europei hanno preso atto delle dichiarazioni del dicastero della Salute, fornite lo scorso 24 maggio, sostanzialmente simili a quelle espresse nel corso della procedura e nelle relazioni ministeriali del 2014 e 2015, e della definitiva decisione di condanna del comitato europeo".

La dirigente sindacale sostiene, poi, che la stabilita 'congruenza' tra numero di medici non obiettori di coscienza e il numero di trattamenti Ivg effettuati sarebbe da imputare all'erroneo metodo di rilevazione: "È ovvio che, se un trattamento sanitario viene eseguito, significa che vi è un medico disposto a farlo, ma le richieste d'interruzione di gravidanza che non vengono prese in carico per carenza di medici non obiettori non vengono formalmente registrate dagli ospedali", sottolinea la dirigente sindacale.

Quanto alla riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza, che, per la responsabile Politiche di genere della Cgil, "è un obiettivo auspicabile", questa "s'accompagna, purtroppo, all’aumento di aborti clandestini e/o autoindotti, che, come accertato dal comitato, è da ricondursi alle difficoltà di accesso al servizio legale di Ivg. Le donne, infatti, sono costrette a spostarsi da una struttura all’altra, nella stessa città, in regioni diverse, o addirittura a recarsi all’estero, per trovare un ente ospedaliero che assicuri la prestazione richiesta. Spostamenti che non consentono di effettuare il trattamento entro i termini previsti dalla '194', penalizzando in particolare le donne meno abbienti e immigrate, come riscontrato dal comitato europeo e, al contrario di quanto sostenuto dal ministero nella propria relazione, secondo cui le donne immigrate, da questo punto di vista, sono perfettamente integrate".

"Con la seconda condanna da parte del comitato europeo si apre una fase importante per rimuovere problemi e ostacoli all'applicazione concreta della legge, seppure negati dal ministero della Salute, attraverso misure organizzative che vedano impegnati sia gli ospedali che le regioni, come peraltro è avvenuto all’ospedale San Camillo di Roma, che ha provveduto a bandire due posti per medici che diano applicazione alla 194", conclude l'esponente Cgil.