MILANO - “Nel raggio di pochi metri, tre multinazionali, la prima francese, la seconda americana, la terza svizzero-svedese, si muovono nello stesso modo: delocalizzano funzioni, produzioni e servizi, licenziano, programmano esuberi”. Lo afferma la Fiom milanese che organizza per domani (17 febbraio) dalle ore 9 alle 11 un presidio unico in via Edison 50 a Sesto San Giovanni.

Nel caso di Abb, leader nel settore delle tecnologie per l’energia e l’automazione con 5.600 dipendenti nel nostro paese di cui 1.000 nel sito di Sesto San Giovanni, £la multinazionale ha annunciato l’avvio di un 'programma' a base di esuberi che si realizzerà in quattro step e di cui non si conoscono ancora i numeri finali", afferma la Fiom. Per Alstom Italia, dopo la cessione a General Electric del settore dell’energia, l’attività si concentra nel settore ferroviario che, nel nostro paese occupa 2.700 persone, concentrate principalmente nei siti di Savigliano (900 dipendenti) e Sesto San Giovanni (330 lavoratori in produzione). Il lavoro nei siti italiani è in gran parte legato al mercato interno, ossia alle commesse per i treni regionali, ma la gara d’appalto per ora è bloccata. "Dal momento che nel nostro paese, a differenza che in altri (negli Usa, ad esempio), non esiste alcun vicolo per il 'contenuto nazionale di lavoro', Alstom sta pensando di spostare altrove la progettazione e la produzione e di mantenere nel sito alle porte di Milano il service e la manutenzione. A rischio i 330 lavoratori della fabbrica". 

Infine Ge ex Alstom Power. "Dal giorno in cui gli americani hanno deciso di spostare la produzione dei componenti per centrali elettriche in Polonia e Romania – prosegue la Fiom – , di licenziare 249 lavoratori e chiudere di fatto la fabbrica di Via Edison, le lavoratrici e i lavoratori sono in presidio permanente. La loro lotta ha ottenuto un primo risultato: l’incontro per il 26 febbraio al ministero dello Sviluppo, dove sono stati convocati sia i vertici di Alstom Power sia quelli di General Electric. La decisione di Ge di investire 700 milioni nel nostro paese non può e non deve passare dalla dismissione del sito sestese: il governo deve intervenire".

“Tre storie – conclude la nota – che hanno in comune lo strapotere delle multinazionali, l’assenza di vincoli al loro agire che troppo spesso si traduce nel furto di tecnologie, marchi, brevetti, nella delocalizzazione della ricerca, della progettazione e delle produzioni, nella distruzione di patrimoni industriali e professionali, in centinaia di licenziamenti. Dal momento che è questa la prassi che accomuna le imprese, allora è indispensabile accomunare anche la resistenza e la lotta”.