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Caporali, lavoro nero e infiltrazioni mafiose nei cantieri dell'Aquila, oltre 1.400 in tutta l’area colpita dal terremoto di cinque anni fa per un valore totale che supera i 15 miliardi. Una catena di subappalti impressionante e senza controllo. Nei giorni scorsi l'arresto di alcuni imprenditori accusati di intermediazione illecita di manodopera e collusione con i clan camorristici. "È solo la punta di un iceberg di una diffusa irregolarità e illegalità nelle opere della ricostruzione, in particolare nei lavori privati, che più facilmente sfuggono ai controlli”. Questa la denuncia della Fillea Cgil in un dossier presentato oggi (18 luglio), nel quale si descrive una situazione fuori controllo dove il denaro pubblico si perde in mille rivoli e cresce il lavoro nero e grigio, come confermano i dati delle ispezioni dei Carabinieri.
“Dall’analisi dei dati della Cassa edile dell'Aquila emerge un mix di irregolarità preoccupante”, spiega Emanuele Verrocchi, segretario della Fillea aquilana: “Non esageriamo se diciamo che il lavoro edile nei cantieri della ricostruzione vive sotto ricatto”. Parole sottoscritte da Umberto Trasatti, segretario provinciale della Cgil: “Dal 2009 i nostri uffici vertenze hanno ricevuto solo dai lavoratori edili una media di due denunce a settimana per salari non pagati, quasi 2mila in totale". Una somma che fa paura. A questo si vanno aggiungendo nel tempo ulteriori segnali inquietanti. “Registriamo una crescita di fenomeni pericolosi come il distacco comunitario”, riferisce il segretario regionale degli edili, Silvio Amicucci: "Uno strumento di aggiramento delle regole e dei contratti che rappresenta la nuova frontiera del caporalato, che si sta diffondendo non solo all’Aquila ma in tutto il nostro territorio, così come nel resto del paese”.
Tutto previsto, si potrebbe dire. Ne è certo il segretario nazionale della Fillea, Salvatore Lo Balbo. "Nonostante il pericolo fosse chiaro fin dall’inizio - fin da quelle risate sinistre dei camorristi intercettati la notte del 6 aprile - il terremoto è stato terra di conquista per gli affari sporchi di economie criminali e pezzi di istituzioni colluse. Lasciando da parte la vergogna dell’operazione C.A.S.E. e gli affari della 'cricca' nei cantieri pubblici, nelle opere private sono stati arrestati numerosi funzionari e amministratori locali, tangenti per 500mila euro e appropriazione indebita per 1 milione e 268mila euro, e temiamo che il lavoro della magistratura non sia ancora finito. Intanto, ad oggi contiamo già 14 imprese escluse dagli appalti per legami con la criminalità organizzata. E resta ancora senza risposte l’affermazione contenuta in un rapporto alla Commissione di controllo sul bilancio dell’Unione, secondo il quale i fondi europei stanziati per L’Aquila (493,7 milioni di euro) potrebbero essere finiti in mano a organizzazioni criminali in maniera diretta o indiretta”.
Che fare per garantire una ricostruzione pulita, nella gestione delle risorse pubbliche, nei criteri di assegnazione degli appalti, nella qualità delle imprese coinvolte, nel rispetto del lavoro, dei contratti e della sicurezza? Difendere i lavoratori e garantire la trasparenza della ricostruzione: queste le priorità che indica il segretario generale Fillea, Walter Schiavella come “elementi inseparabili ed imprescindibili del processo di ricostruzione". Per questo la sigla di categoria si costituirà parte civile in tutti i processi per sfruttamento di manodopera e fornirà ai lavoratori l’assistenza legale adeguata per la tutela dei diritti contrattuali ed etici, a partire dal processo che verrà celebrato contro gli imprenditori arrestati di recente all’Aquila.
"Colgo qui l’occasione - aggiunge - per ringraziare il sindaco Cialente, che ha annunciato nei giorni scorsi la costituzione di parte civile anche da parte del Comune e per invitare tutte le altre istituzioni a fare altrettanto. Ma voglio lanciare un appello anche a tutti quei lavoratori costretti a subire in silenzio ricatti, umiliazioni, sopraffazioni - prosegue il segretario - affinchè trovino la forza per denunciare la loro condizione. So che è difficile, perché c’è di mezzo la paura di perdere il lavoro, ma liberare i cantieri da imprese sporche e da sfruttatori non significa perdere il lavoro ma esattamente il contrario, vuol dire far lavorare le imprese sane e quindi liberare il lavoro buono".
Poi l'appello alle associazioni delle imprese, "responsabili di avere avuto poco coraggio nell’isolare le imprese corrotte e irregolari, ma soprattutto di aver accettato e sostenuto un sistema degli appalti opaco, assecondando lo scambio scellerato imposto dai passati governi, niente risorse in cambio dell’abbassamento delle regole. Uno scambio il cui peso è stato scaricato tutto sull’anello più debole, i lavoratori. In questo, da parte del nuovo esecutivo oggi vediamo un importante segno di discontinuità - prosegue l'esponente della Fillea - con la costituzione dell’autorità anticorruzione e la scelta di mettere alla sua guida Raffaele Cantone. Una scelta che per noi rappresenta, come direbbe un grande appassionato di scopone scientifico, Piero Vigna, lo spariglio di cui c’era bisogno per dare forza e fiato alle forze sane del paese".
L’altra priorità è quella di garantire la trasparenza della ricostruzione, e anche su questo la Fillea ha le idee chiare e proposte precise: rimettere ordine sul “chi fa cosa” tra tutti i soggetti coinvolti nella ricostruzione, rafforzare il tavolo di monitoraggio per il controllo preventivo sulle imprese e su fenomeni di sfruttamento e caporalato, scrivere il VI capitolo delle Linee Guida Antimafia che abbia al centro il tema della tutela del lavoro regolare nei cantieri privati, un protocollo legalità per il cratere sismico, una legge per la ricostruzione che agganci l’erogazione delle risorse pubbliche nei lavori privati alle white list, avviare corsi di formazione sulle linee guida antimafia per il personale dei comuni. "utte cose che, assicurano dalla Fillea, potrebbero vedere la luce in pochissimo tempo. Basta volerlo".