La prima notizia è che oggi la Perugina è rimasta ferma perché l’adesione allo sciopero è stata pressoché totale, con centinaia di lavoratrici e lavoratori che dal capoluogo umbro hanno raggiunto Roma e manifestato per quattro ore sotto la sede del ministero dello Sviluppo Economico. La seconda è che il confronto in sede governativa sul futuro di una delle più importanti aziende dolciarie italiane proseguirà, prossimo incontro fissato per il 27 settembre. La terza è che il governo, per bocca del viceministro Bellanova, ha assicurato sostegno e anche risorse pubbliche, se queste serviranno a garantire il futuro produttivo e occupazionale della fabbrica di San Sisto. La quarta notizia, però, forse la più importante, è che Nestlé sembra "non sintonizzata” sullo stesso canale, visto che per bocca dei suoi manager continua a ripetere la stessa versione: il piano di rilancio sta andando bene, l’export cresce, gli investimenti procedono, però bisogna mandare a casa (loro dicono “ricollocare”) 340 persone. 

“L’atteggiamento di Nestlé al tavolo è stato assolutamente negativo – commenta Mauro Macchiesi, segretario nazionale della Flai Cgil – perché non solo non ha dato risposte rispetto alla necessità di ripristinare i volumi previsti dal Piano, ma ha seguitato a propinare la ricetta dei 340 esuberi come soluzione ai problemi".

Le foto di Simona Caleo

Eppure nell’accordo, siglato poco più di un anno fa dai sindacati con Nestlé, si diceva altro. “Ho letto personalmente alla viceministra Bellanova il passaggio del testo in cui si parla di impatto sociale zero e si sottolinea che il piano, in caso di andamento positivo, è finalizzato al riassorbimento degli esuberi pregressi, che erano 180 – spiega Luca Turcheria, coordinatore della Rsu Perugina –. Ebbene, l’andamento positivo c’è, ce lo ha ribadito ancora oggi il management Nestlé, quindi è completamente insensato parlare di 340 esuberi, quasi il doppio di quelli di prima, nonostante i 60 milioni di investimenti previsti”.

Per il sindacato dunque il punto di approdo, l’unico possibile, è chiaro: l’azienda deve ritirare gli esuberi; se poi ci sarà bisogno di tempo (e ce ne sarà) per far decollare il piano di rilancio, allora il governo dovrà fare la sua parte, accompagnando i lavoratori in questa fase. Ma il nodo resta il lavoro che alla Perugina deve essere difeso e possibilmente crescere. Per questo Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil insistono nel chiedere che il Piano dell'aprile 2016 sia "rispettato e attuato in tutte le sue parti, a partire da un rilancio dell'export, dal brand del Bacio e si torni in un confronto di merito a tutela delle professionalità e dei livelli occupazionali utilizzando tutti gli strumenti di legge e contrattuali”.

In altre parole serve un cambio netto di atteggiamento da parte della multinazionale. “Di sicuro se lo aspettano tutti quei lavoratori che oggi hanno scioperato in modo compatto e sono venuti con noi a Roma non certo per sentirsi ripetere che per rilanciare la loro fabbrica c’è bisogno di licenziare 340 persone", afferma Michele Greco, segretario generale della Flai Cgil dell'Umbria. Quindi – conclude – noi accogliamo favorevolmente l’impegno del governo e della viceministra Bellanova e faremo la nostra parte, ma è Nestlé che deve dimostrare di esercitare la responsabilità sociale che la nostra Costituzione richiede alle imprese che operano in Italia”.

La sintesi perfetta della giornata si trova nelle parole di Simona, una delle tante operaie che hanno manifestato sotto il Mise, intonando cori e tenendo gli striscioni per tutta la durata dell’incontro: “Per noi lavoro vuol dire dignità. E il fatto che in duecento oggi siamo venuti qui a Roma per gridarlo in faccia all’azienda è importante, perché questa unità ci dà forza e ne avremo bisogno per difendere il nostro lavoro e il futuro della Perugina”.